Titoli value in affanno. L’attenzione si sposta sul growth (ma di qualità)

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Roel Dierckens (Unsplash)

Volatilità, inflazione e incertezze geopolitiche sono gli ingredienti base di questo anno “concitato” per i mercati finanziari. Le banche centrali, poi, dismessi gli abiti di colombe, hanno avviato una “aggressiva” stagione di rialzi dei tassi.  Questo anche perché il dato dell’inflazione, atteso in crescita nel 2022, è “esploso” su entrambe le sponde dell’Atlantico. Negli Stati Uniti ha toccato a giugno il 9,1% su base annua, aggravato dall’aumento dei costi dell’energia (+41% sull’anno) e degli alimentari (+12,2%: il dato più elevato dal 1979). In Europa l’inflazione complessiva a giugno segna +8,6% su base annua.  E mentre l’Italia (con le stime preliminari che indicano un’inflazione all’8% a giugno) ha scelto di occupare una posizione scomoda anticipando la chiamata alle urne al 25 settembre (con uno spread atteso a 300 punti base), da più parti la parola “stagflazione” non è più un tabù. E neanche la paventata “recessione”. Uno scenario complesso che richiede, lato operatori di mercato, “una maggiore capacità di analisi” nel determinare le scelte di investimento.

Ed è il punto su cui insiste Filippo Casagrande, head of insurance investment solutions di Generali Asset & Wealth Management, indicando come la stagflazione rifletta “in una parola sola” l’attuale complicata congiuntura economica in cui l’inflazione si somma alle tensioni geopolitiche (“in primis il conflitto in Ucraina”), agli alti livelli di indebitamento pubblico, e ai limiti posti alle politiche monetarie e fiscali. Questi elementi “non possono che risultare in un aumento della volatilità dei cicli economici, e di conseguenza una maggiore volatilità sui mercati finanziari”.  

Tornare al growth

“Ci dobbiamo abituare a un mondo segnato da volatilità strutturalmente più elevate, sia in termini socio-economici, sia in ambito finanziario”, afferma Casagrande, che indica come “il fattore più significativo nel comparto azionario nell’ultimo mese è stata la forte sovraperformance del comparto Growth (+5,5% da metà giugno) rispetto al comparto Value (-4,1%), in particolare in Europa. A guidare tale movimento, il crollo di Basic Resources, Energy e Banks, fino a un mese fa tra i migliori settori sui listini europei. Tali settori hanno sofferto sulle prospettive di una recessione più vicina e il combinato calo di tassi e materie prime, che hanno lasciato sul campo due terzi dei guadagni da inizio anno”.

 L’effetto del rallentamento dell’economia sui titoli europei e la necessità di una maggiore “selettività” si presenta anche nell’analisi di Geoffroy Goenen, head of fundamental european equity di Candriam. Dopo la “pesante correzione” subita dal mercato UE da inizio anno, sottolinea Goenen, gli operatori attendono “il via libera per riposizionarsi nel lungo periodo”.

Riposizionarsi sul lungo periodo a tempo di walzer

L’esperto individua tre fasi di questo riposizionamento, utilizzando la metafora di un “walzer a tre tempi”, di cui il primo è il “tempo del value”. Secondo Goenen un aumento di 100 pb dei tassi a lungo termine sia in USA sia in Europa, inciderebbe sui titoli Quality/Growth con una perdita di circa il 15% del loro valore. “Se per ora non possiamo escludere un ulteriore aumento dei tassi a lungo termine, siamo convinti di essere vicini a un picco”. Quindi pare che ci si stia avvicinando alla fine di questa prima fase di sell-off. “Il livello minimo, principalmente per i titoli Growth, dovrebbe quindi essere raggiunto rapidamente e consentire a questi ultimi di beneficiare di un potenziale rialzo. Per l’esperto “una volta che il mercato avrà prezzato l'aumento dei tassi a lungo termine, dovremmo entrare in un ‘normale’ ciclo degli utili”. In generale, i titoli growth sovraperformano in cicli economici ribassisti, “ma la selezione resta fondamentale”. Si attende poi un’accelerazione degli utili nei prossimi anni, “in particolare per le imprese operanti nei settori della transizione energetica, delle nuove tecnologie dedicate alla sanità, della digitalizzazione o anche dell’automazione dell’economia”. Questa accelerazione darà il via libera a titoli ciclici, terza fase che “dovrebbe essere determinata dal minimo raggiunto dai mercati. Questo livello determinerà il momento in cui gli investitori potranno riposizionarsi sul lungo termine in un mercato rialzista”.

La ricerca della qualità

“La teoria suggerisce che i titoli value siano meno sensibili ai tassi d'interesse rispetto ai titoli growth, poiché l'aumento dei tassi di interesse riduce il valore attuale netto dei titoli growth a più lunga scadenza rispetto ai titoli value a più breve scadenza”, sostiene Alistair Wittet, gestore azionario Europa di Comgest. Alla luce di questo assunto, tuttavia, l’esperto ritiene che sia arrivato “il momento giusto per riconsiderare il segmento growth di qualità”. A supporto di questa affermazione Wittet ricorda l’importanza di focalizzare l’attenzione su società con potere di determinazione dei prezzi. “Non siamo d’accordo con l'idea che i titoli growth debbano essere evitati unilateralmente in tempi di aumento dei tassi d'interesse. A nostro avviso è molto meglio possedere un titolo growth a lunga duration con potere di determinazione dei prezzi rispetto a un titolo value a breve duration senza pricing power nel periodo attuale”.

Un altro dettaglio è legato al fatto una caratteristica comune dei titoli value “è la loro elevata sensibilità al ciclo economico” e “l’ingresso in un contesto stagflattivo potrebbe non essere il momento migliore per prendere in considerazione questo tipo di titoli. Il principale settore value europeo, quello finanziario, sta già mostrando segni di stanchezza”.