Con l’inflazione che si sta lentamente riducendo a livello globale e le principali Banche centrali che si apprestano a tagliare i tassi di interesse a partire dalla metà del 2024, gli esperti del settore si domandano se sia arrivato il momento di concentrarsi sui titoli growth. Le azioni value hanno sovraperformato quelle a elevata crescita nel periodo compreso tra il 1970 e l’inizio del 2007, mentre il fattore growth ha dominato il mercato dalla metà del 2007 fino alla pandemia Covid, momento in cui il value ha iniziato a sovraperformare nuovamente. La questione è stata al centro del Fund Selector Talks con focus Equity organizzato da FundsPeople che si è svolto il 13 marzo. I fund selector e gli asset manager presenti all’evento hanno evidenziato, tra le altre cose, che in un mercato sempre più complesso talvolta diventa difficile effettuare una netta distinzione tra titoli value e growth.
Azioni growth vs value, chi avrà la meglio nel 2024
Alasdair McHugh, Investment Director nel team di Global Equities di Baillie Gifford, ritiene che “investire nelle azioni growth per un lungo periodo di tempo sia la scelta vincente perché consente di cogliere i vantaggi del cambiamento portati dall’innovazione. Ci concentriamo sul futuro. La nostra strategia è pensare a come potrebbe essere il mondo tra un decennio, così da assegnare delle probabilità ai diversi scenari e formulare delle idee di investimento per il nostro portafoglio. Puntiamo a società che presentano una crescita degli utili a due cifre”. Per McHugh, infatti, “la crescita vince su tutto. L’evidenza empirica mostra che scegliere aziende growth con buone prospettive future, indipendentemente dal punto di partenza sul fronte della valutazione, da dove si trovino l'inflazione, i tassi d'interesse o qualsiasi altra cosa, consentirà di avere una sovraperformance”. L’esperto sottolinea inoltre che “i titoli growth, anche quelli più costosi, performano meglio delle azioni value più economiche. Nvidia è un ottimo esempio da considerare: l’abbiamo acquistata nel 2016 e nel corso del tempo è stata in grado di mantenere un trend di forte crescita anche grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa. Se ad esempio ti soffermi su Tesla, non devi pensare solo al business esistente, ma a quello che potrebbe fare Elon Musk in futuro. Questo richiede immaginazione”.
1/3Ciro Vuolo, head of fund solutions Italy di Deutsche Bank, riferisce che “il portafoglio del gruppo contiene anche titoli growth. Ci piacciono le azioni caratterizzate da una forte crescita, soprattutto negli Stati Uniti” per cavalcare “il trend dell’intelligenza artificiale che cambierà il modo in cui viviamo nei prossimi 10-20 anni”. In Europa, invece, l’esperto preferisce più “i titoli value”. Fatta questa premessa, Vuolo evidenzia che “la gestione delle azioni growth non è semplice e che la cosa più difficile è capire il momento in cui la crescita degli utili per azione di una società sta cambiando. E, prima o poi, questa è una cosa che accade alle aziende growth: non esiste un’impresa che continua ad accrescere l’EPS sempre allo stesso ritmo per un periodo molto prolungato di tempo”. Quindi, prosegue Vuolo, “per il gestore del portafoglio non è così facile individuare il momento giusto in cui vendere le azioni a rapida crescita, motivo per il quale a volte si corre il rischio di imbattersi in un drawdown eccessivo”. Nel processo di selezione degli investimenti azionari in generale l’esperto non si concentra “sui singoli titoli presenti in portafoglio ma sul fondo nel suo complesso e sull’abilità del gestore, che dovrebbe essere capace di generare una buona performance con un livello di rischio accettabile”.
2/3William Trevisan, gestore di portafoglio di Pharus Management Lux SA - Milano Branch, ritiene che per il processo di selezione degli investimenti azionari “la momentum strategy sia adatta quando il mercato è caratterizzato da trend. In altri momenti come questo prediligiamo una strategia basata sul valore che risulta maggiormente premiante. Come direbbe Warren Buffett preferiamo acquistare una società con un bilancio solido e delle valide prospettive a un prezzo di mercato che non riflette ancora il potenziale dell’azienda. Compriamo le azioni e le deteniamo per un lungo periodo di tempo con un’aspettativa di ritorno sull’investimento elevata. La nostra strategia non attribuisce molto peso al market timing perché riteniamo che non sia uno dei driver principali che guida la performance”. Per Trevisan, quindi, “la valutazione di un titolo è così importante da essere considerata il fattore chiave per decidere se acquistare o vendere un’azione. Questa scelta dipende anche dal fatto che, nell’attuale contesto di mercato, è molto difficile fare una distinzione netta tra growth e value in quanto sono sempre i numeri di bilancio a definirne la caratteristica e non il loro nome”.
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