Nonostante sia stato trainato dalla tecnologia, il mercato azionario statunitense non è stato finora il più performante di quest'anno. Inoltre, non è stata una buona idea rifugiarsi nelle obbligazioni, nonostante le cedole più interessanti.
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Una grande differenza rispetto al 2022. Solo pochi mesi fa gli investitori si stavano ancora riprendendo da un anno storico per l'andamento del reddito fisso e delle azioni, in tandem. Un anno negativo, in cui sia i beni rifugio che gli asset di rischio si sono mossi di pari passo verso il basso. Oggi, invece, guardando ai primi sei mesi del 2023 sui mercati, lo scenario è molto diverso. Quest'anno sia le azioni che le obbligazioni sono ampiamente in territorio positivo. Non abbastanza da aver recuperato le perdite del 2022, ma troviamo diverse asset class con rendimenti a due cifre.
Lo vediamo bene nel grafico che Candriam condivide con noi, e che mostra i rendimenti in valuta base di fine giugno delle principali asset class:
Possiamo subito notare come le azioni siano state l'asset per eccellenza. Quattro categorie del mercato azionario hanno registrato guadagni a due cifre. In testa alla classifica: le azioni giapponesi. Detto questo, se scaviamo un po' più a fondo in questi grandi numeri, notiamo diverse sfumature.
Una prima nozione importante è che i forti rialzi del mercato statunitense hanno una spiegazione chiara: il rally delle aziende tecnologiche e, soprattutto, dell'intelligenza artificiale. Se isoliamo questi due temi, come spiegano da Oddo, vediamo la realtà di questo impatto sui portafogli. Dietro entrambi i fattori, sono le azioni giapponesi ad aver brillato nel 2023.
E dietro di esse, l'Europa, sotto molteplici aspetti. Anche l'AI europea ha catturato questo appetito, ma la ripresa degli asset europei è stata più generalizzata.
Anche il reddito fisso ha dato soddisfazione agli investitori, e più alto è il rischio, più alto è il rendimento. Così, il debito emergente in valuta locale sta salendo in linea con le azioni. Persino l'oro, tradizionalmente termometro dell'appetito per i beni rifugio, è salito del 7,3 per cento. La nota stonata è stata fornita dal greggio, che ha perso il 10% dopo due anni in cima alla classifica in termini di redditività.