Fon.te è tra i maggiori fondi complementari italiani per patrimonio e iscritti, ma ha ancora ampi margini di crescita. L’investimento? “Volto alla creazione di una nuova visione economico-finanziaria”.
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Lavorare per la definizione di una finanza generativa (“non speculativa”), forti dell’investimento di lungo periodo tipico dei fondi pensione complementari e di una platea che qualifica l’entità tra le maggiori (per patrimonio e iscritti) del nostro Paese. Maurizio Grifoni di Fon.te, Fondo pensione complementare per i dipendenti da aziende del terziario, commercio, turismo e servizi, si pone in ottica di sviluppo su tutta la linea.
Giunto al terzo mandato (dallo scorso ottobre) alla presidenza dell’ente, Grifoni indica come lo stesso nasca nel 1996 come organismo di governance paritetico “con un 50% espressione datoriale e il restante 50% espressione dei lavoratori”; a oggi gli iscritti sono circa 270 mila, mentre sono 40 mila le aziende associate, per un patrimonio complessivo superiore ai cinque miliardi di euro. “Di recente si è assistito a un ampliamento della platea con l’estensione ai liberi professionisti (non ordinistici), ai lavoratori autonomi e alle imprese familiari”, afferma il presidente sottolineando come ci siano ancora ampi spazi di crescita a fronte di una popolazione di circa quattro milioni di individui nell’industria dei servizi.
Come arrivare ai potenziali aderenti? La risposta non ha esitazioni: “Con la formazione”. Grifoni indica, in questa sede, il lavoro per la creazione “di una rete territoriale capillare” che coinvolga le Associazioni del commercio, del turismo, dei servizi e delle PMI (Ascom) territoriali e i patronati. Ciò che serve, secondo il presidente, è un elemento di raccordo, “che stimoli l’accesso alla previdenza e al contempo intercetti i bisogni specifici dei territori”. Questo perché, al di là delle grandi realtà in cui l’iscrizione al fondo in molti casi è un passaggio acquisito, quella a cui si rivolge Fon.te “è anche una platea fatta di piccole e di micro imprese, a cui è difficile arrivare”. A questo si somma un problema geografico, “ci sono molti iscritti al Nord, ma questa presenza comincia a diradarsi man mano che si scende lungo la penisola, e si riduce ulteriormente al Sud e sulle Isole”.
I comparti
Fon.te si compone di quattro comparti di investimento: Conservativo, Sviluppo, Dinamico e Crescita, che si distinguono per un peso via via crescente della componente di rischio. Il Conservativo, nonostante attragga il maggior numero di aderenti (oltre il 50%), è poco consigliato dal presidente, in quanto i rendimenti “negli anni non si sono discostati mai troppo dal Tfr” ed è a Crescita e Dinamico (che intercettano complessivamente intorno al 15% degli iscritti) che viene dedicata la maggiore attenzione. Caratterizzati da una componente azionaria del 40 e del 60%, i due comparti “in questi anni hanno dato le performance migliori, anche in momenti difficili. Tanto che, alla luce dell’ultimo report della funzione finanza (a maggio), entrambi hanno iniziato a mitigare le perdite del 2022”. Dalla bontà di questi investimenti, la spinta per la proposta di un percorso lifecycle già nell’ultima revisione dell’asset allocation del fondo (in corso mentre si scrive).
Il peso dei real asset
Un elemento che ha un suo peso specifico, poi, è quello dei real asset. “Con una suddivisione legata alla natura dei comparti abbiamo già destinato 120 milioni in infrastrutture e 10 milioni sia in un fondo di investimento sul private equity sia sul private debt”, afferma Grifoni che sottolinea come sia stato già deliberato un investimento intorno ai 400 milioni in private capital, e l’obiettivo sia quello di portare questa quota a 600 milioni “la percentuale del fondo oggi investita in private capital è inferiore al 5%: intendiamo arrivare all’8”, rimarca il presidente ricordando il limite massimo del 20% del patrimonio complessivo. Alla base di questo impulso la struttura stessa dell’industria italiana, in cui è presente “un tessuto imprenditoriale straordinario, che consente di mettere in atto una finanza generativa, e che potrebbe aiutare nel complesso il Paese a svilupparsi e crescere”.
Su tutto il tema ESG, con il Fondo che ha già una struttura dedicata interna all’area finanza, si è dotato di un advisor ESG (accanto all’advisor finanziario tradizionale), ha aderito agli UN PRI e “con la nuova revisione dell’asset allocation punta a diventare articolo 8 SFDR su tutti i comparti”. Quindi cosa accade? “Che puntiamo sulle transizioni – conclude Grifoni – e crediamo sia fondamentale un cambiamento radicale volto a creare una nuova visione economico finanziaria”.
Leggi l'intervista anche sul magazine FundsPeople di settembre, n. 76.