Investimenti e lotta al cambiamento climatico: a che punto siamo e quali strumenti scegliere? Le opinioni dei partecipanti alla tavola rotonda di Lombard Odier IM all'interno di FundsPeople Talks.
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Investimenti e lotta al cambiamento climatico: a che punto siamo e quali strumenti scegliere? Le opinioni dei partecipanti alla tavola rotonda di Lombard Odier IM all'interno di FundsPeople Talks.
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"L'umanità deve scegliere: cooperare o perire. Quindi o è un patto di solidarietà per il clima o un patto di suicidio collettivo”. È con queste parole che il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha aperto i lavori della Cop27, tenutasi in Egitto a novembre 2022. Non è la prima volta che vengono lanciati simili messaggi di ultimatum nei confronti del clima. Eppure, nonostante le parole, sembra che gli sforzi per combattere il cambiamento climatico non siano mai abbastanza. Ma ormai è certo: senza investimenti nella giusta direzione, il mondo non raggiungerà i propri obiettivi climatici, supererà un aumento della temperatura globale di 1,5 gradi, portando a un incremento degli impatti climatici che minacceranno la salute, il lavoro e il benessere delle persone ovunque.
Di progressi nel mondo della sostenibilità finanziaria si è discusso nel corso della tavola rotonda targata Lombard Odier Investment Managers all’interno di FundsPeople Talks, una serie di discussioni in contemporanea tra fund selector e gestori su tematiche di stretta attualità del mondo degli investimenti.
I commenti sono relativi al contesto del 13 dicembre 2022.
La lotta al cambiamento climatico comprende due possibili approcci: la riduzione e stabilizzazione dei livelli di gas serra che intrappolano il calore nell'atmosfera ("mitigazione") e l’adattamento al cambiamento climatico già in essere ("adattamento"). Quale può essere il più adatto in questo momento storico e di mercato? “Non parlerei di due approcci, ma piuttosto di due esigenze tra loro inscindibili per far fronte al cambiamento climatico: mitigazione e adattamento”, commenta Pascal Menges, head of Investment Process di Lombard Odier Investment Managers. “Mitigazione, lottare contro le cause profonde del cambiamento climatico, significa riconoscere la necessità di agire per evitare o ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Adattamento significa adottare misure per adeguare il nostro sistema economico alle conseguenze irreversibili del cambiamento climatico”, aggiunge. “A nostro avviso, le strategie che puntano solo sulle società che riducono le proprie emissioni non colgono le opportunità di investimento offerte dal cambiamento climatico. Le società in grado di offrire i prodotti giusti e i servizi necessari per soddisfare le esigenze di mitigazione e adattamento, invece, cresceranno più rapidamente e in maniera più sostenuta rispetto al resto dell’economia. Nell’ambito delle nostre strategie d’investimento, individuiamo in queste aziende opportunità di crescita. Tuttavia, in generale combiniamo titoli growth e value, attingendo all’intero universo di investimento. È la qualità che guida la nostra valutazione delle aziende. Solo così possiamo offrire strategie d’investimento legittime, credibili, trasparenti e fondate su un robusto universo di investimento”, prosegue Menges.
La regolamentazione può essere uno strumento prezioso per accelerare nella sostenibilità. In particolare secondo Menges, “la regolamentazione dovrebbe essere utile nel lungo periodo. Per certi aspetti è estremamente prescrittiva e al tempo stesso molto incompleta. Ad esempio, impone di utilizzare tutta una serie di parametri che le aziende neppure misurano o pubblicano. A causa di questa incoerenza e dello spazio lasciato ad ampie interpretazioni, stiamo già osservando come molti gestori stiano assumendo posizioni prudenti e declassificando molti fondi da articolo 9 ad articolo 8 del SFDR. Non vogliono infatti rischiare di perdere credibilità e legittimità esponendosi a critiche in merito alle loro scelte interpretative. Alla fine ciò che rimarrà di fondamentale importanza sarà che i clienti comprendano appieno il lavoro degli asset manager, la loro storia, le loro credenziali”. Il manager ricorda: “Noi siamo coinvolti nell’ESG fin dal 1997 e abbiamo aderito ai PRI nel 2007, circa un anno dopo la loro creazione. Siamo poi passati da una visione semplicistica del mondo utilizzando obiettivi ESG verso la Sostenibilità, che è più ampia e trasformativa. Abbiamo creato due forti partnership di conoscenza, l’Università di Oxford e Systemiq, che ci aiutano a navigare attraverso le complessità e comprendere i cambiamenti del sistema necessari per trasformare la nostra società”.
1/4Se si guarda al mondo degli investimenti è innegabile che, per volontà degli stessi attori protagonisti (banche, asset manager, assicurazioni ecc), e/o su spinta dei regolatori, più di un passo avanti sia stato fatto. “C’è un interesse molto forte nei confronti degli investimenti sostenibili e in primis del climate change”, spiega Francesca Cerminara, senior portfolio manager di Euromobiliare Advisory SIM. “L’industria si è concentrata su una tematica che è oggi imprescindibile e anche la normativa sta puntando soprattutto su questo tema”, aggiunge. “Questo aiuta anche nella selezione e nell'analisi dei dati, dal momento che esistono già regolamentazioni sul climate change che puntano a fornire informazioni standardizzate e permettono un controllo di ciò in cui i prodotti effettivamente investono. La nostra selezione parte dall’analisi dei veri obiettivi che si prefiggono le strategie incentrate su queste tematiche. Facciamo estrema attenzione a quello che è l'obiettivo finale del fondo e a come vengono analizzati i sottostanti. È chiaro poi che la presenza di determinate tipologie di strumenti sicuramente aiuta a dare un valore all'obiettivo di sostenibilità che si vuole raggiungere. Bisogna infine valutare attentamente gli aspetti avversi che un determinato portafoglio può produrre, al di là dei benefici che si prefigge di ottenere dal punto di vista climatico”, sottolinea Cerminara.
Dal primo gennaio 2023, inoltre, è entrato in vigore nella sua completezza il regolamento SFDR, con l’entrata in vigore della normativa di secondo livello. Un’accelerazione che impone un impegno di compliance particolarmente complesso alle società di gestione del risparmio, le quali dovranno disporre una documentazione di offerta sui prodotti standardizzata e molto dettagliata. “Non c'è ancora una definizione chiara, trasparente ed univoca di che cosa si intende con investimento sostenibile”, secondo Francesca Cerminara. “Prima di tutto c'è quindi bisogno di maggior consapevolezza e questa si potrà ottenere attraverso una chiara definizione di ogni società di gestione su che cosa quell’istituto intende per investimento sostenibile. Questo tipo di trasparenza aumenterà la consapevolezza dei propri clienti che saranno facilitati poi nella selezione delle strategie sostenibili più idonee ai propri obiettivi”, ricorda la fund selector di Euromobiliare Advisory SIM. “La tassonomia sta comunque iniziando a dare qualche definizione, anche se la strada da percorrere è ancora lunga. Non solo trasparenza da parte degli asset manager ma anche da parte delle singole società, che siano sempre più in grado di fornire dati chiari e omologati, per riuscire ad avere una base dati comune. Senza questo, analizzare le singole società potrebbe diventare effettivamente complicato”, chiosa Cerminara.
2/4Resta quindi un periodo difficile per gli investimenti sostenibili e non sempre le strategie che puntano a incidere nella lotta al cambiamento climatico continuano a essere richieste. “Credo che non si possano più ignorare i fattori ESG nel processo di investimento, ma oggi gli investimenti ESG sono meno richiesti”, evidenzia Andrea Guitta, branch manager and institutional portfolio management di Pharus Management Lux SA - Milano Branch. “Il motivo è semplice: il forte ribasso dei mercati ha colpito duramente alcuni strumenti sostenibili”, spiega Guitta. Il manager ricorda che “diversi fondi ESG incentrati sul cambiamento climatico o sulla transizione energetica sono stati penalizzati in modo particolare dalla flessione dei mercati e gli investitori sono stati colti di sorpresa. I forti aumenti dei tassi di interesse e l’inflazione hanno danneggiato le società con multipli elevati e un livello di utili molto basso. Per quanto riguarda la nostra politica ESG, abbiamo deciso di continuare a puntare sul vero motore delle nostre decisioni di investimento, ossia gli utili. Non ci interessano le etichette fini a se stesse: selezioniamo i fondi in base ai titoli sottostanti inclusi nei portafogli e al loro potenziale di performance e di rischio. Cerchiamo di combinare il potenziale di crescita degli investimenti ESG e la sostenibilità degli utili e del rischio mediante un’allocazione altamente diversificata”.
Per Andrea Guitta c’è un fattore da tenere sempre in considerazione: “Tutti dovremo fare i conti con gli investimenti ESG, indipendentemente da cosa ne pensiamo e da come giudichiamo il loro potenziale di performance e di rischio. Ciò che serve è che le regole siano chiare e uguali per tutti, e ad esempio nell’Unione europea sembra che si vada nella direzione giusta. Gli investitori vogliono avere un quadro chiaro delle norme ESG e di come applicarle nella costruzione del portafoglio, altrimenti si espongono al rischio di greenwashing e dell’applicazione di etichette ESG fasulle”. Secondo Guitta “gli investimenti ESG creano grandi opportunità, ma rappresentano anche una fonte di problemi e di preoccupazione. Ci vuole tempo per analizzare in profondità il nuovo regolamento SFDR e il modello da usare e nei prossimi mesi ci aspetta parecchio lavoro su questo fronte, ma vogliamo essere preparati per quando i nostri clienti ci chiederanno portafogli ESG. Il nostro approccio si basa sul rapporto rischio-rendimento atteso e non intendiamo anteporre i fattori ESG al potenziale di crescita, agli utili e alla volatilità”.
3/4La selezione stessa presenta delle difficoltà oggettive legate alla mancanza di omogeneità rispetto agli standard di trasparenza. Come procedere per selezionare correttamente strumenti che puntano sul tema del cambiamento climatico? “Negli ultimi mesi le società hanno iniziato a differenziare la loro offerta e al tempo stesso gli investitori cominciano a capire le differenze tra strategie ESG generiche e strategie specifiche orientate al cambiamento climatico”, esordisce Gabriele Montalbetti, responsabile Ufficio investimenti di Consultinvest AM SGR. “Dal nostro punto di vista di fund selector è molto importante comprendere il processo di investimento, esaminando i criteri utilizzati per selezionare le singole società incluse nei portafogli e le definizioni di sostenibilità e di riduzione dell’impatto climatico adottate dalle società di gestione”, continua Montalbetti. “È anche importante evitare di scegliere fondi che abbiano una forte connotazione di stile, orientandosi verso fondi che perseguono obiettivi sia di mitigazione, che di adeguamento, e che adottano un approccio diversificato che includa opportunità sia growth che value. I fondi orientati al cambiamento climatico inoltre possono presentare caratteristiche simili ai tematici, ovvero possono essere concentrati in un numero limitato di titoli, a volte a medio bassa capitalizzazione, con il rischio di portare a valutazioni di mercato e multipli eccessivi. È per questo che, soprattutto in quest’area, preferiamo fondi attivi in cui il gestore può essere più rapido a evitare sacche di mercato sopravalutate e a identificare opportunità di mercato”, conclude il manager.
La sostenibilità, i criteri ESG e gli altri temi collegati “sono aspetti complessi e di carattere qualitativo, spesso facilmente misurabili, ma le cui implicazioni in termini di prezzo dei titoli sono ancora poco chiare”, rimarca Gabriele Montalbetti. Per il fund selector di Consultinvest AM SGR, “anche definire la tassonomia diventa un compito impegnativo: non a caso i tempi richiesti per completare le sei aree sono molto lunghi e saranno necessari molti compromessi (come ad esempio nel caso dell’energia nucleare). È comunque molto apprezzabile lo sforzo fatto dalla UE in questo senso, che si è dimostrata leader mondiale in questo campo. In seguito all’entrata in vigore dell’SFDR ogni asset manager deve presentare sul proprio sito la politica di sostenibilità adottata. Al momento in genere si tratta di dichiarazioni di alto livello perché sono difficili da articolare, e non certo per mancanza di volontà. Per questo l’investitore fa fatica a comprendere appieno il processo di investimento sostenibile di ogni società, anche perché all’interno di una stessa azienda, team di gestione diversi possono affrontare la sostenibilità in modo diverso. Con l’entrata in vigore degli RTS viene richiesto agli asset manager un grande sforzo di compliance, con un forte aumento dei costi per la produzione di documentazione, ma senza al momento grandi benefici per gli investitori in quanto i dati prodotti dalle società quotate sono ancora piuttosto limitati. È probabile che, come in altri casi, a tendere gli investitori si troveranno ad avere una grande quantità di informazioni difficilmente fruibili per fare scelte di investimento adeguate ai loro obiettivi, in quanto troppo numerose e scarsamente comprensibili. È sempre difficile trovare il giusto compromesso tra sintesi e rigorosità, ma lo è ancora di più per una materia, come la sostenibilità, per sua natura qualitativa”.
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