L'attuale contesto potrebbe spingere le banche centrali ad adottare una politica monetaria meno aggressiva. L'analisi di Ariel Bezalel e Harry Richards, gestori obbligazionari di Jupiter AM incontrati a Milano da FundsPeople.
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Le maggiori economie dei mercati sviluppati subiranno un rallentamento sostanziale e molto probabilmente una recessione. Lo hanno spiegato Ariel Bezalel e Harry Richards, gestori obbligazionari di Jupiter AM presenti a Milano negli uffici della società.
Secondo i due esperti diverse ragioni potrebbero aver sostenuto l'economia globale nel 2023, aiutando il PIL a superare le aspettative. "La solidità dei modelli di spesa dei consumatori. Le distorsioni COVID e l'eccesso di risparmio accumulato in precedenza hanno sostenuto una spesa anomala. L'aumento del credito al consumo (ad esempio, il debito delle carte di credito) potrebbe essere un altro fattore", dicono. E ancora, per anni le imprese e le famiglie hanno avuto la possibilità di bloccare tassi abbastanza bassi. "Ciò potrebbe rendere i "ritardi lunghi e variabili" della politica monetaria ancora più lunghi in questo ciclo. Nel frattempo i governi hanno continuato a spendere nel 2023 con livelli di deficit ancora piuttosto elevati", proseguono.
Tre fattori che influenzano la crescita economica
Se si considera lo stato attuale delle economie globali, i due professionisti di Jupiter AM ritengono che un rallentamento in questa fase sia ancora più probabile. A sostegno di questa tesi ci sono almeno tre fattori chiave, soprattutto negli Stati Uniti: i già citati ritardi lunghi e variabili della politica monetaria. La contrazione dell'attività creditizia e l'inasprimento degli standard di prestito. E, infine, il minore sostegno ai consumi. "Per quanto riguarda i ritardi lunghi e variabili, la storia ha sempre dimostrato che la politica monetaria ha bisogno di tempo prima di influenzare le economie. Non vediamo alcun cambiamento strutturale che dovrebbe rendere le cose diverse questa volta", dicono.
Negli ultimi trimestri abbiamo notato tendenze preoccupanti nel settore dei prestiti. Negli Stati Uniti e nell'Eurozona, le banche non solo hanno inasprito gli standard di prestito, ma hanno anche iniziato a ridurre l'attività creditizia. Le contrazioni di variabili come i prestiti commerciali e industriali non sono così comuni nella storia. Modelli simili hanno caratterizzato, ad esempio, il periodo della Grande Crisi Finanziaria. Storicamente, una stretta o un aumento dei prestiti ha sempre avuto una qualche conseguenza sul mercato del lavoro nel lungo periodo.
Come già accennato, i consumi sono stati un motore fondamentale per la recente solidità dell'economia statunitense. "Lo straordinario accumulo di risparmi in eccesso nel periodo COVID ha contribuito. Negli ultimi 12 mesi le famiglie sono state in grado di aumentare artificialmente i loro modelli di spesa riducendo questi risparmi e ricorrendo maggiormente al debito al consumo", spiegano gli esperti. Diverse stime che i due portano a esempio vedono un forte calo del risparmio in eccesso negli Stati Uniti, soprattutto nei percentili più bassi della distribuzione del reddito. Allo stesso tempo, spiegano i professionisti di Jupiter AM, il costo del debito al consumo ha raggiunto un livello preoccupante.
"Continuiamo a prevedere un'ulteriore disinflazione se si considerano i numeri anno su anno dell'inflazione complessiva e soprattutto di quella core. Il graduale recupero dell'inflazione delle abitazioni rispetto alle tendenze osservate negli ultimi trimestri nel mercato dei nuovi affitti sarà chiaramente di supporto in questo senso", ammettono.
Non solo Stati Uniti
Non solo Stati Uniti. Al di fuori degli USA il contesto appare ancora più fragile. "La maggiore dipendenza dal settore manifatturiero ha già portato l'Eurozona in quella che di fatto è una lieve recessione. Tendenze simili si stanno manifestando anche nel Regno Unito, dove la rinegoziazione dei mutui rimane un rischio fondamentale. Infine, riteniamo che la Cina continuerà a presentare delle difficoltà a causa dei numerosi problemi strutturali che dovrà affrontare negli anni a venire", dicono i due.
Inoltre, a detta degli esperti, questi sviluppi forniranno alle banche centrali di tutto il mondo motivi (o forse la necessità) per essere meno falchi. "Riteniamo che i titoli di Stato dei mercati sviluppati (Stati Uniti e Australia in particolare) e di alcuni mercati emergenti (Corea del Sud, Brasile) presentino un valore significativo e apprezziamo il vantaggio di una duration elevata nelle condizioni attuali. Vediamo un valore significativo lungo la curva dei tassi e sosteniamo un posizionamento diversificato in termini di scadenze", dicono.
Uno sguardo anche ai mercati del credito societario che sembrano compiacenti di fronte ai crescenti rischi di recessione, con spread high yield globali intorno alle medie di lungo periodo e ben al di sotto delle medie recessive. "Continuiamo tuttavia a vedere valore in settori più difensivi come le telecomunicazioni, la sanità, i beni di consumo e, in modo selettivo, i titoli finanziari. Prevediamo debolezza nei settori più ciclici (ad esempio, il settore chimico) o in quelli più esposti al comportamento dei consumatori (ad esempio, il settore automobilistico e quello della vendita al dettaglio)", concludono.