La via di UBP per investire nell’high yield

Foto Unsplash
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Tra le soluzioni a reddito fisso di UBP AM, la società di gestione della banca privata svizzera Union Bancaire Privée (UBP), destano particolare interesse i fondi high yield e tra questi l’UBAM Global High Yield Solution, che ha ottenuto il rating FundsPeople 2024. Mohammed Kazmi, portfolio manager e chief strategist del team Global & Absolute Return Fixed Income di UBP, presenta il modo in cui la società investe nell’high yield.

Innanzitutto, l’esperto spiega perché ci troviamo in un momento favorevole per rafforzare le posizioni in obbligazioni. “Il ciclo restrittivo delle banche centrali ha ormai toccato il picco e i tassi di interesse si collocano su livelli elevati. Dopo un paio d’anni di tassi sotto pressione e incertezza sulla traiettoria della politica monetaria, oggi è chiaro che i tagli dei tassi sono ormai vicini. In questa prospettiva gli investitori si sentono abbastanza fiduciosi da scommettere sul reddito fisso, che offre livelli di rendimento molto interessanti e superiori alla media storica”, precisa il gestore.

Lo specialista di UBP AM è d’accordo con il noto adagio dei mercati che recita Don’t fight the central banks. “Le banche centrali iniziano a trasmettere il messaggio che gli interventi espansivi avranno inizio nel corso di quest’anno. Non sappiamo quali saranno i tempi e l’entità dei tagli dei tassi, ma la direzione della politica monetaria è piuttosto chiara”, conclude Mohammed Kazmi. Il professionista ritiene che le banche centrali siano ormai passate dalla parte degli investitori obbligazionari, soprattutto considerato che la crescita si è mantenuta robusta, e questo nonostante la stretta monetaria più aggressiva da diverso tempo a questa parte. Secondo Mohammed Kazmi, in questo contesto i rischi di coda sono destinati a ridursi aprendo la strada agli investimenti nell’high yield, un’asset class alla quale UBP AM offre accesso in un formato particolare attraverso l’UBAM Global High Yield Solution.

“La nostra strategia fornisce un’esposizione al rischio di credito tramite indici di CDS. Permette quindi di avere un’allocazione diversificata nel mercato high yield, che è molto difficile ottenere tramite un investimento diretto”, specifica. Come illustra il portfolio manager di UBP AM, la liquidità è il fattore chiave che distinguono i CDS dalle singole emissioni obbligazionarie. Il fondo high yield della casa di gestione offre liquidità giornaliera, non applica lo swing pricing e presenta costi molto competitivi, considerata l’efficienza dei CDS.

Ciò non significa che il prodotto non possa attuare una gestione più attiva, anzi. “Per buona parte dell’anno scorso abbiamo mantenuto un sovrappeso anche quando il mercato intravedeva la possibilità di una recessione. La nostra scelta è stata premiata una volta che gli spread hanno iniziato a ridursi rapidamente. Inoltre, la duration lunga ci ha permesso di beneficiare della svolta della Fed annunciata da Powell a dicembre”, commenta.

A livello geografico il patrimonio netto è investito per due terzi negli Stati Uniti e per un terzo in Europa, ma la posizione di duration del portafoglio è interamente detenuta in Treasury americani. Tuttavia, questa componente core può variare del 20%, così come l’esposizione totale al rischio di credito. La duration del fondo può essere compresa tra 0 e 2 anni, ma la società di gestione offre anche un altro prodotto con pari rischio di credito e una duration di 4 anni, più in linea con i benchmark del segmento high yield.

Miti da sfatare sugli investimenti nell’high yield

Secondo Mohammed Kazmi, per comprendere l’attrattiva del segmento high yield è necessario innanzitutto sfatare alcuni dei miti principali che circondano questi investimenti. Il primo riguarda il rischio di default. Questa asset class offre rendimenti elevati, in grado di assorbire i contraccolpi in caso di insolvenza. “Anche se gli spread dovessero allargarsi, il carry funge da cuscinetto. Non si sono mai registrati rendimenti complessivi così interessanti”, argomenta. Inoltre, il gestore spiega che “i tassi di default mostrano un’elevata correlazione con la crescita del PIL nominale e, in un contesto di inflazione potenzialmente persistente, la crescita nominale dovrebbe trarne sostegno”.

Un’altra percezione che vuole smontare Mohammed Kazmi è quella relativa al potenziale impatto dell’imminente muro delle scadenze nel mercato high yield. A suo avviso, infatti, le banche centrali possono sempre intervenire per assicurare il corretto funzionamento del mercato primario, come hanno fatto durante la pandemia e nel peggiore scenario possibile. Osserva inoltre che molti emittenti sono riusciti a rifinanziare il debito in essere. “I rischi di rifinanziamento previsti per il 2024 e il 2025 sono scesi notevolmente rispetto a un anno fa”, sostiene.

Infine, la situazione dei bilanci aziendali: “In questo momento le società si trovano in buona salute perché l’ultimo ciclo è stato molto corto. Davanti alle molteplici incertezze legate al post-pandemia, le aziende hanno operato con grande prudenza e non si è prodotto un aumento della leva”, conclude.