La tempesta prima della calma?

Carmen Altenkirch, Nafez Zouk (Aviva Investors). Immagine concessa.
Carmen Altenkirch, Nafez Zouk (Aviva Investors). Immagine concessa.

CONTRIBUTO a cura di Carmen Altenkirch, Emerging Markets Sovereign Analyst, e Nafez Zouk, Emerging Markets Sovereign Debt Analyst di Aviva Investors. Contenuto sponsorizzato da Aviva Investors.

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Se da un lato il clima delle riunioni di ottobre del Fondo Monetario Internazionale (FMI)/della Banca Mondiale può essere sembrato meno pessimista rispetto agli ultimi tempi, dall’altro persistono i timori riguardo all’impatto negativo degli elevati tassi di interesse statunitensi sulle finanze dei paesi dei mercati emergenti.

Dopo un paio d’anni non troppo fortunati per gli investitori, il 2024 dovrebbe offrire la prospettiva di risultati positivi per la classe di attivi dell’EMD a condizione che i tassi di interesse statunitensi inizino a stabilizzarsi. Tuttavia, gli investitori devono stare molto attenti alle circostanze specifiche dei singoli paesi. 

I fondamentali di tipo bottom-up saranno particolarmente rilevanti in un contesto di allentamento monetario ma di venti contrari ancora forti, a fronte di molteplici sfide, tra cui il rallentamento della crescita, il finanziamento della transizione energetica e un panorama geopolitico più frammentato. 

Le riunioni di Marrakech sulle ricadute per gli investitori dell’EMD

Il tono delle riunioni è stato meno pessimista rispetto ai due eventi precedenti, quando le priorità dei delegati erano i timori per le ricadute della guerra tra Russia e Ucraina e successivamente la crisi delle banche regionali negli Stati Uniti. Fatte queste premesse, questa volta è serpeggiato il timore che le prospettive per le nazioni più povere possano restare difficili per il prossimo anno, soprattutto nel caso i cui i tassi statunitensi restassero elevati. Sono emersi alcuni temi chiave. In primo luogo, la diffusa convinzione che l'inflazione non sia stata ancora sconfitta. Inoltre, è stato espresso il timore che la politica fiscale espansiva degli Stati Uniti e di altri paesi sviluppati possa complicare gli sforzi delle banche centrali nella lotta contro l’inflazione e comportare il persistere di tassi di interesse globali più alti più a lungo. Questo rappresenterebbe una minaccia per i flussi di capitale verso i mercati emergenti e metterebbe a rischio le valute, alimentando potenzialmente, e ancora una volta, l’inflazione. È apparsa evidente anche la preoccupazione circa l’evoluzione dei rischi geopolitici, il crescente protezionismo e la frammentazione del commercio e dei legami economici globali.

L'evoluzione degli eventi

La produzione globale ha mostrato una tenuta migliore del previsto, trainata dalla resilienza dell’economia statunitense. La performance economica della Cina è stata deludente, ma una serie di misure di politica monetaria di sostegno dovrebbe garantire a Pechino il raggiungimento del proprio obiettivo di crescita del 5%, che eliminerà un ostacolo alla crescita in altre economie emergenti. 

Sebbene emergano segnali di un iniziale impatto sull'attività economica prodotto dalle condizioni finanziarie più rigide nelle economie sviluppate, sembra improbabile che possano verificarsi profonde recessioni. Questo lascia supporre che il recente rialzo dei prezzi dei prodotti alimentari e dei combustibili non farà deragliare la tendenza verso un calo dell’inflazione nei mercati emergenti, soprattutto in considerazione dei tassi reali elevati.

D’ora in avanti e fino alla fine dell'anno, l'obiettivo sarà quello di affrontare il difficile contesto esterno. Le valute dei mercati emergenti si sono trovate sotto pressione a fronte della rivalutazione dei mercati circa le prospettive di tagli ai tassi di interesse USA. Gli investitori devono valutare quali paesi dispongano di riserve esterne adeguate e di solide politiche economiche nel vagliare il rischio/premio associati a un quadro esterno di instabilità. 

Le prospettive dei tassi statunitensi

La prospettiva di tassi USA più alti più a lungo rende ancora più importante l’analisi fondamentale di tipo bottom-up. A fronte di tassi reali in aumento nei paesi sviluppati, i paesi emergenti devono affrontare il fatto di dover passare il testimone mentre si trovano in difficoltà nella competizione per il capitale internazionale. I paesi che godono di parametri fiscali più sani e di politiche macroeconomiche solide sono meglio posizionati per evitarlo. Con la conclusione della prima fase della stretta monetaria, l’anno prossimo sarà importante monitorare le politiche fiscali, soprattutto quando la crescita inizierà a rallentare. I paesi che raggiungono un equilibrio tra il sostegno della crescita senza scendere a compromessi sull’inflazione e il peggioramento dei rispettivi parametri fiscali dovrebbero essere relativamente più interessanti. Per gli emittenti del ramo high yield, la capacità di accedere alla finanza multilaterale, la volontà di impegnarsi con il FMI e il fatto di disporre o meno di amici ricchi o di opportunità di privatizzazione delle imprese potrebbero essere fattori determinanti per riuscire a evitare il default. Se la crescita dovesse continuare a rallentare e se i mercati dei capitali dovessero restare chiusi per un lungo periodo, è ipotizzabile che altri paesi entrino in default.

Le aree di maggiori opportunità per i mercati emergenti nei prossimi mesi

Sebbene i rendimenti dei mercati emergenti, rispetto all’obbligazionario dei mercati sviluppati, non sembrino particolarmente convincenti, i rendimenti nominali sono tutt’altro che poco appetibili su base storica, in particolare nei segmenti di mercato con rating più elevato. Sul fronte opposto, anche il segmento del debito distressed e in sofferenza offre valore su base selettiva.

La tempistica sarà fondamentale per gli investitori nell'EMD in valuta locale. Anche se l’inflazione sembra destinata a calare nella maggior parte dei paesi, un inasprimento della politica monetaria statunitense garantirà alle banche centrali un approccio prudente al taglio dei tassi e al mantenimento dei tassi di riferimento reali molto più alti rispetto alle medie storiche. Ove e quando i treasury USA dovessero stabilizzarsi, le obbligazioni in valuta locale dei mercati emergenti dovrebbero conseguire ottime performance.

Quale paese potrebbe sorprendere di più nel 2024?

Per quanto possa sembrare difficile immaginarlo adesso, l’Argentina potrebbe benissimo diventare l’occasione del 2024. Il paese sudamericano non ha soldi, non ha amici ricchi e non ha carte di credito. Le sue obbligazioni sono scambiate a poco più del 20% del loro valore. Questo è plausibile considerato il rischio non trascurabile che il costo sociale e politico del necessario inasprimento fiscale sia troppo elevato e che il paese decida invece di optare per il default.

La Turchia è un altro paese che potrebbe sorprendere positivamente.

La Cina e il recupero del ritardo accumulato

Le economie dei mercati emergenti tendono a essere strettamente legate al ciclo economico cinese, il che spiega perché le prospettive di crescita della Cina erano tra le priorità a Marrakech. Le misure di stimolo dovrebbero comportare il raggiungimento dell’obiettivo di crescita del governo quest’anno, ma i problemi economici della Cina sono di natura più strutturale. I governi locali sono fortemente indebitati mentre diverse grandi società di investimento immobiliare stanno facendo fatica a rimanere a galla dopo lo scoppio della bolla immobiliare del paese.

Pechino non sembra avere un piano coerente per risolvere la crisi. Senza di esso, è difficile capire in che modo la Cina possa conseguire una base economica più solida e fornire al mondo una fonte marginale di domanda a fronte del progressivo rallentamento dell'attività globale. Questo preoccupa le autorità politiche considerata la portata della dipendenza dalla Cina di numerosi mercati emergenti quale fonte di entrate da esportazioni.

È probabile che l’obbligazionario cinese venga disertato in un quadro di costante apprensione riguardo al ruolo del paese nell’alimentare le tensioni con l’Occidente e altre nazioni, in particolare Taiwan, al crescente livello di intervento statale nel settore privato e alle prospettive per niente rosee per l’economia interna.

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