La Cina si candida a essere un player di primo piano nella transizione energetica. Tuttavia restano ancora da fare passi in avanti sugli ESG. Di questi temi si è discusso in occasione dell'ultimo FundsPeople Talks.
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La Cina si candida a essere un player di primo piano nella transizione energetica. Tuttavia restano ancora da fare passi in avanti sugli ESG. Di questi temi si è discusso in occasione dell'ultimo FundsPeople Talks.
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La Cina si candida a essere un player di primo piano nella transizione energetica, in particolare nel sostegno alla produzione di fonti rinnovabili. Secondo quanto rilevato dall’Agenzia internazionale dell'energia (AIE) la scorsa estate, il 70% della capacità produttiva di pannelli solari e batterie è fornito da aziende cinesi. A questo si somma la produzione di capacità eolica che raggiunge il 58 per cento. Inoltre, stando a uno studio della ong Global Energy Monitor, il Paese asiatico potrebbe raddoppiare la sua capacità di rinnovabili entro il 2025, raggiungendo così con cinque anni di anticipo i propri obiettivi di 1.200 gigawatt di energia prodotta da sole e vento. Tuttavia, per Pechino, e più in generale per tutti i Paesi emergenti, restano ancora molti passi in avanti da fare sugli ESG. Uno degli aspetti da migliorare in questo ambito è sicuramente la qualità e la quantità dei dati presenti attualmente sul mercato. Su questo fronte c’è sicuramente un ampio gap da colmare tra Paesi emergenti e sviluppati. Il quadro è emerso in occasione del FundsPeople Talks, dedicato al tema dei mercati emergenti, che si è tenuto a novembre a Milano e ha visto il confronto tra fund selector e asset manager esperti nel settore.
I commenti si riferiscono al contesto del 15 novembre 2023.
Nei prossimi anni, come evidenzia Yi Du, senior investment manager di Pictet AM, “la transizione energetica continuerà a essere un tema molto importante” e sarà proprio la Cina ad assumere un ruolo di guida. Yi Du fa notare che “se si pensa all’industria petrolifera in generale o all'industria del greggio e del gas, si pensa al Medio Oriente. In realtà, la Cina sta già cercando di fornire un percorso pratico di transizione energetica, a partire dalla generazione di energia, dall'eolico e dal solare, fino all'immagazzinamento di tale energia (con la produzione di batterie), l'elettrificazione dei veicoli elettrici o l'automazione delle fabbriche”. L’esperto cita, a questo proposito, dati Bloomberg che indicano come il Paese detenga già oggi “più di due terzi della catena di valore globale della transizione energetica pulita, ad esempio più dell'80% per il solare e il 70% per l'eolico. Non solo: il Paese ha investito più di quattro volte rispetto agli Stati Uniti nella transizione energetica lo scorso anno. Quindi possiamo capire che l'opportunità è davvero enorme”. Il senior investment manager di Pictet AM ritiene che anche in futuro la Cina non si limiterà ad agire in autonomia, ma rappresenterà una guida a livello globale per realizzare la transizione energetica. “Con i diversi eventi che stanno accadendo nel mondo”, prosegue Yi Du, “è importante che tutti i Paesi pensino all'indipendenza e alla sicurezza energetica. E per raggiungere questi obiettivi, le rinnovabili sono l'unica soluzione”.
1/6Anche Sofia Righetti, investment analyst di Generali Investments, riconosce il ruolo della Cina nella transizione energetica. Per l’esperta “questa rapida espansione delle rinnovabili è molto interessante dal punto di vista degli investimenti”. A questo proposito Righetti cita lo studio del Global Energy Monitor secondo cui il Paese è sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo di energia rinnovabile con cinque anni di anticipo rispetto alla tabella di marcia iniziale, “il che è sorprendente”. Se da un lato l’esperta sottolinea i progressi compiuti dalla Cina sul fronte dell’energia rinnovabile, dall’altro vede ancora alcuni problemi legati agli ESG. A questo proposito l’investment analyst cita “le trivellazioni in alto mare che la Cina sta effettuando, così come alcune criticità legate alle politiche del lavoro, alla tutela dei lavoratori e al consumo di plastica. Ci sono quindi ancora alcune aree in cui l'economia cinese deve fare meglio”.
2/6La Cina procede quindi spedita sul fronte delle energie rinnovabili. Per quanto riguarda invece gli ESG, gli esperti riconoscono che il Paese ha sì fatto progressi negli ultimi anni, ma allo stesso tempo la strada da percorrere è ancora lunga. Andrea Daffara, senior fund selector di Banca Patrimoni Sella & C., evidenzia che “la Cina ha fatto grandi passi in avanti sul fronte della transizione da un lato accelerando l’adozione del solare e delle energie rinnovabili per fermare l’incremento del consumo di carbone, il cui picco è previsto nel 2026”. Per quanto riguarda gli ESG, l’esperto spiega che “se guardiamo alle strategie azionarie cinesi, riconosciamo che molte società hanno fatto tanti progressi sul fronte ambientale, in particolare in settori energivori, come quelli della produzione di acciaio e cemento. Anche l’elettrificazione dei sistemi di trasporto stradale e la crescente diffusione di veicoli elettrici mettono la Cina nelle condizioni di avvicinarsi all’obiettivo ambiziosissimo della carbon neutrality entro il 2060”. Nel complesso, Daffara rileva un’attenzione crescente dei manager cinesi ai fattori ESG, che si traduce non solo in una maggiore disclosure di dati societari ma anche in una maggiore apertura al confronto con gli investitori internazionali per il miglioramento degli standard di governance. Naturalmente però il divario con le aziende dei mercati sviluppati è ancora elevato. Quindi per l’esperto “c'è ancora molto da fare”.
3/6Un’accelerazione positiva sugli ESG potrebbe avvenire attraverso la governance. Alessandro Greppi, unit linked and pension funds portfolio manager di Zurich Investments Life, tiene a precisare che “l'implementazione degli ESG è sempre complicata quando si parla di mercati emergenti. E la Cina non è da escludere da questa considerazione”. Secondo l’esperto “uno dei principi ESG che può essere implementato più facilmente (e che stiamo esaminando con maggiore attenzione) è la G, perché la governance” può essere compresa più facilmente “anche dai Paesi emergenti. Quando parliamo di S di sociale, dobbiamo ovviamente occuparci dei diritti dei lavoratori. E questo è un aspetto che, soprattutto in Cina, può essere difficile da attuare nel breve periodo. Se parliamo di ambiente, vediamo cosa è successo durante le ultime riunioni della COP. Penso quindi che il modo più semplice per fornire qualcosa in materia ESG sia la governance”. Il tema è centrale per l’esperto, che evidenzia come i Paesi emergenti stiano prendendo sempre più consapevolezza del fatto che l’implementazione dei criteri ESG sia “un modo più semplice per attirare capitali”.
4/6Fare progressi sul fronte degli ESG è quindi di importanza cruciale, anche in ottica di globalizzazione. Secondo Alessandro Ciaccio, portfolio manager di Sella SGR, è “necessario che i criteri ESG siano all'interno del processo di investimento, dal momento che nel lungo periodo l'aspetto ESG può generare forte valore aggiunto”. L’Europa, inoltre, è molto esigente sotto questo punto di vista. Ciaccio puntualizza infatti che “l’UE e anche noi, con qualche difficoltà, siamo molto esigenti nell’analisi del profilo di sostenibilità delle società. Ad esempio, le aziende cinesi con profili ESG meno solidi” potrebbero trovarsi a fronteggiare sfide significative. Qualora il mercato interno non dovesse mostrare una crescita sufficiente diventerebbe necessario fuoriuscire dal contesto domestico e cercare afflussi da parte di investitori stranieri, i quali prestano molta attenzione alla sostenibilità aziendale.
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Come è emerso nel corso della roundtable, un’altra problematica che riguarda la tematica ESG per i Paesi emergenti (e più in generale a livello internazionale) è quella dei dati. Su questo fronte resta purtroppo un gap da colmare rispetto ai Paesi sviluppati, in particolare l’Europa, che con Tassonomia UE e SFDR ha impresso una forte accelerazione in tal senso. A questo proposito, Gabriele Montalbetti, gestore di Consultinvest, spiega che “una delle sfide per la valutazione ESG nei mercati emergenti è la quantità e la qualità dei dati. Nei mercati emergenti, in generale, questa è inferiore rispetto a quella dei mercati, cosiddetti, sviluppati”. Pertanto, evidenzia Montalbetti, “i gestori patrimoniali devono svolgere un lavoro molto approfondito sulle società”. Tuttavia, in conclusione il gestore Consultinvest tiene comunque a precisare che la Cina, rispetto agli altri emergenti, è posizionata relativamente meglio sul fronte degli ESG in quanto Pechino “è molto attiva sul fronte ambientale, sia in termini di politiche ambientali, che di politiche industriali, in quanto è leader in settori come le batterie e i pannelli solari. Nel settore automobilistico sta inoltre promuovendo molto i produttori domestici che stanno guadagnano importanti quote di mercato rispetto ai produttori europei”.
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