Salone SRI: istituzionali e SGR a confronto sulle scelte ESG

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Annie Nyle, Unsplash

Uno scambio di riflessioni sulle sfide legate alle tematiche ESG che ha coinvolto investitori istituzionali e SGR. Al centro del dibattito andato in scena all’ultima edizione del Salone SRI, l’evoluzione delle competenze, le strategie di allocazione e le iniziative di engagement in materia di sostenibilità, viste sia dal lato di casse previdenza e gruppi assicurativi che degli asset manager.

L'evoluzione in chiave ESG degli istituzionali

Il percorso della sostenibilità per Inarcassa, la Cassa nazionale di previdenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti, ha avuto inizio quattro anni fa ed è culminato lo scorso settembre con la formalizzazione nero su bianco da parte del CDA della policy di sostenibilità e l’esplicitazione degli obiettivi di miglioramento con riferimento a 6 SDGs delle Nazioni Unite. Pietre miliari di questo tragitto, la sottoscrizione dei principi UNPRI (Inarcassa è stata la prima cassa di previdenza italiana a farlo), la partecipazione ad Assodire, un’iniziativa congiunta con ENPAM e Cassa Forense allo scopo di perseguire delle finalità sotto i principi dell’azionariato responsabile e alla Green Recovery Alliance, che nel maggio 2020 ha poi stimolato quello che è divenuto il contenuto del green deal europeo. “Il nostro portafoglio complessivo detiene un MSCI ESG rating ‘A’, siamo dotati di strumenti misurazione sui progressi compiuti su tutti gli SDGs, con una particolare enfasi sui 6 goals che sono rientrati a pieno titolo nella nostra politica di sostenibilità”, ha affermato Alfredo Granata, responsabile Direzione Patrimonio. “Con il nostro portafoglio ad oggi abbiamo sfondato la quota del 50% in strumenti esplicitamente ESG/SRI. Nel dettaglio, per la porzione azionaria la cifra è di oltre il 90 per cento. La valutazione ESG si estende anche alle singole partecipate, affiancata da una politica di engagement”, ha aggiunto. Infine, anche sul fronte degli investimenti nei mercati non quotati e gli asset reali Inarcassa sta sviluppando un’attività di valutazione ESG, in un’area in cui attualmente gli strumenti di misurazione sono più carenti: “Stiamo conducendo un’attività di due diligence molto capillare sui private markets, con la compilazione di un questionario specifico ESG per le nostre controparti, per esprimere con metriche omogenee come quelle previste per i mercati liquidi anche la componente illiquida dei nostri portafogli”, ha concluso Granata.

Da una valutazione ex post degli investimenti siamo giunti ad un approccio ex ante. Ovvero quando pensiamo di compiere un investimento lo guardiamo già nell’ottica che sia compliant alla nostra politica ESG”, questo in sintesi il cambio di paradigma di UnipolSai Assicurazioni nei confronti della sostenibilità. Dall’adozione da politiche di esclusione di aziende non ESG, il gruppo assicurativo è passato alla scelta di indirizzare i propri investimenti nelle realtà leader nella transizione ad un’economia sostenibile, guidandole in questo processo tramite politiche di engagement. “Il nostro impegno per la sostenibilità è quasi ventennale. L’attività di monitoring della qualità ESG dei nostri portafogli è partita effettivamente grazie all’implementazione delle politiche di screening negativo in base a principi in cui Unipol crede fermamente, come l’esclusione dalle armi controverse o dagli investimenti in Paesi in cui vengono violati sistematicamente i diritti umani”, ha dichiarato il senior portfolio manager Investimenti Alternativi, Angelo Lucio Pensa. Le scelte ESG dell'ente hanno poi virato verso uno sforzo di carattere più ‘attivo’, con la decisone dal 2013 di investimenti di lungo termine direttamente nelle rinnovabili, un settore che negli ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale garantendo agli assicurati del gruppo ritorni significativi. “Abbiamo destinato oltre 600 milioni di euro negli ultimi 5 anni ad investimenti ad impatto, con un focus sull’efficientamento energetico. Siamo stati inoltre una delle prime compagnie assicurative ad emettere un green bond, uno strumento certificato da Sustainalytics che ha avuto molto successo con 750 milioni raccolti nella prima tranche a fronte di una richiesta di 4 volte superiore e una seconda tranche da 250 milioni, per un totale di 1 miliardo di euro raccolti”, ha spiegato il manager di Unipol. Le categorie finanziate con le risorse raccolte si concentreranno sulle aree di green buildings, energy efficiency, renewable energy, clean transportation e gestione sostenibile del terreno e delle foreste.

L’impegno degli asset manager

La palla è passata poi agli asset manager, in una discussione che ha messo in risalto la varietà dei principi guida e la ricchezza delle modalità con cui viene declinata la sostenibilità, specchio del grande lavoro svolto dall’industria su questo fronte, specialmente dopo la pandemia. “La sostenibilità è il timone delle nostre scelte di investimento”, ha detto Simona Merzagora, managing director di NN Investment Partners. In particolare, Merzagora ha posto l’attenzione sul cambio di paradigma per l’intero settore finanziario che rappresentano gli investimenti ESG. “Il ruolo fiduciario di un asset manager un tempo era valutato solo in base ai rendimenti finanziari, attraverso una lente per così dire ‘friedmaniana’. Ora il ruolo dei gestori è cambiato radicalmente e il capitale investito deve essere convogliato per la costruzione di una società più equa, responsabile e a impatto zero. Di conseguenza anche il modello di esclusione, che è stato a lungo il più diffuso, è stato soppiantato dall’idea di inclusione, per aiutare le aziende a transitare verso gli obbiettivi di sostenibilità”, ha detto.

Si è poi parlato del ruolo degli ETF e alla gestione indicizzata. Secondo Vincenzo Sagone, head of ETF, Indexing & Smart Beta Business Unit di Amundi tramite i ‘passivi’ gli investitori possono raggiungere l’impatto in due modi. Il primo attingendo dalla varietà degli ETF sostenibili: “Si può scegliere un indice che sia già ESG o indici legati ad una tematica specifica come quella del climate change, utilizzando sia strumenti sia sull’azionario che sul reddito fisso, con strumenti ad esclusione o best-in-class”, spiega. “Insomma, tramite tutte queste possibilità un investitore può selezionare, l’indice che più si avvicina ai desiderata del suo portafoglio in termini di sostenibilità, con tutti i vantaggi di un ETF, in termini di liquidità, trasparenza e costo”, commenta. La seconda via per Sagone si materializza tramite le politiche di voto e l’engagement con le aziende del provider di ETF. “Il nostro impegno si svolge sui temi ESG e in particolare sul riscaldamento globale. Siamo molto attenti anche sulla componete ‘S’, ad esempio sulla retribuzione della forza lavoro delle aziende”, conclude l’esperto di Amundi.

 “C’è ancora tanta confusione tra sostenibilità e impatto”, ha commentato Ingrid Kukuljan, head of Impact & Sustainable Investing e lead portfolio manager Impact Opportunities di Federated Hermes, entità pioniera dell’investimento responsabile con un track record ESG di 30 anni. “Un’azienda sostenibile cerca di evitare e limitare i danni arrecati ad ambiente e società, gli investimenti ad impatto vanno oltre, mirando intenzionalmente a premiare prodotti e servizi che hanno un impatto positivo sul Pianeta e società allineate con gli SDGs”, ha illustrato. “L’impact investing diventerà sempre più cruciale, ma in parallelo si dovranno sviluppare strumenti di misurazione dell’impatto più approfonditi”, ha concluso.