Bond dei mercati emergenti, opportunità di rendimento in un contesto favorevole

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Ethan Sykes, immagine concessa (Unsplash)

Nonostante alcune incertezze, il contesto risulta favorevole per i mercati emergenti. Le economie di questi Paesi si sono dimostrate resilienti, adattandosi con efficacia sia alle dinamiche inflazionistiche che all'incremento dei tassi di interesse. Inoltre, le aspettative di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve nel 2024 e di un possibile deprezzamento del dollaro Usa supportano una view ottimistica per il comparto, con la possibilità per gli investitori di diversificare i portafogli attingendo al variegato universo dei bond i questi Paesi. “I mercati emergenti tendono a performare bene una volta che i tassi di interesse dei mercati principali raggiungono il picco, ed è proprio questo il contesto macroeconomico che stiamo affrontando al momento”, avverte Lauren van Biljon portfolio manager e head of Rates & FX del Global Fixed Income team di Allspring Global Investments. “Inoltre, c'è un impulso positivo derivante dalla politica monetaria interna (in particolare in America Latina e Europa dell'Est) mentre i tassi di interesse scendono”, continua. “Le banche centrali dei mercati emergenti sono state proattive nel rialzare i tassi nel 2021 e hanno goduto dei benefici di tale lungimiranza nell'ultimo anno. Inoltre, l'inflazione nei mercati emergenti è notevolmente diminuita nel corso del 2022 e ci si aspetta che continui a muoversi verso gli obiettivi quest'anno”, spiega l’esperta.

Naturalmente, i mercati emergenti non sono privi di rischi. Il rischio geopolitico globale è elevato e sembra destinato a rimanere tale, mentre il 2024 è un anno ricco di elezioni. “La maggior parte delle elezioni nei mercati emergenti sembra orientata a garantire la continuità delle politiche, ma le elezioni negli Stati Uniti potrebbero introdurre molta ansia nei mercati nella seconda metà dell'anno”, prosegue. “Ciò potrebbe tradursi in una maggiore volatilità nei mercati o forse in una debolezza delle valute dei mercati emergenti”, analizza. “Inoltre, la dipendenza dai Paesi Sviluppati diminuisce”, avverte Guillaume Riteau, Fung Manager di Gemway Assets specializzato nel debito dei mercati emergenti. “La catena di produzione si è riorganizzata su un asse sud-sud: Le esportazioni cinesi verso l’Asia del Sud Est sono diventate superiori rispetto a quelle verso gli Stati Uniti”, dice. “Il quadro istituzionale è migliorato: i paesi emergenti sono progressivamente ritornati all’ortodossia economica e finanziaria con obiettivi di inflazione, indipendenza delle banche centrali, regole di bilancio, tassi di cambio flessibili e garanzie istituzionali. Le banche centrali sono reattive per contenere l’inflazione, ed i governi nelle loro politiche budgetarie. Per i creditori internazionali c’è una protezione supplementare contro il rischio di insolvenza”, dice Riteau che aggiunge: “L’ortodossia crea fiducia e si traduce in una minore sensibilità alle decisioni della Federal Reserve”.  

I Paesi più interessanti

Attualmente, secondo la view di Allspring si presentano diverse opportunità nei mercati emergenti, spaziando tra diversi paesi, settori e tipologie di emissioni. “Nel settore sovrano in valuta locale, preferiamo concentrarci su Paesi con un contesto macroeconomico favorevole e una propensione a facilitare la politica monetaria. Ci sono diverse nazioni in America Latina e Europa dell'Est che soddisfano questi criteri, tra cui Brasile, Messico, Repubblica Ceca e Ungheria. In Asia, nomi ad alto rendimento come India e Indonesia sembrano offrire un valore maggiore (assoluto e adeguato all'inflazione) rispetto a Thailandia e Cina”, spiega Lauren van Biljon. Secondo la casa di gestione, una strategia interessante è puntare a cogliere le opportunità derivanti dallo spostamento in corso nelle catene di approvvigionamento globali. “Il panorama post-pandemico, unito a considerazioni geopolitiche, suggerisce che è probabile che la tendenza al ‘near-shore’ o ‘friend-shore’ delle capacità industriali continui”, dice l’esperta. “Gli investitori possono posizionarsi per approfittare di questa significativa tendenza di lungo periodo attraverso infrastrutture e crediti corporate, dirigendosi potenzialmente lontano dalla Cina, verso nomi sia in Asia che in America Latina”, analizza.

“Possiamo gestire una politica opportunistica sul debito in valuta locale, in quanto dovremmo assistere ad un ribasso dei tassi di interesse delle banche centrali”, osserva Guillaume Riteau. “In America Latina Brasile, Messico, Cile, Perù e Colombia hanno tassi reali elevati e spread interessanti. Il Messico, con il suo basso livello di debito (54,7% del PIL), ha delle prospettive di crescita solide sostenute per il near-shoring. La Banxico (la banca centrale messicana) sta perseguendo una politica monetaria restrittiva, con l’inflazione che è sotto controllo al 4,9%. Lo scenario del taglio dei tassi è quindi importante e il Messico potrebbe non potere aspettare la Federal Reserve. Il titolo di Stato a 10 anni in USD rende il 6,0% e quello a 7 anni in valuta locale il 9,2%”, dice Guillaume Riteau. “Il continente Africano è una delle altre zone dove noi troviamo delle opportunità d’investimento: La Costa D’Avorio è poco indebitata (57% del PIL) e sta conoscendo una forte crescita (6,6% atteso nel 2024), con un’inflazione al 2,3%. Il Fondo Monetario Internazionale gli ha concesso un finanziamento di 3,5 miliardi di dollari a 40 mesi. I titoli di stato a 10 anni, in USD, offrono un tasso di rendimento del 8,1%, con uno spread di 380 punti base contro il Tesoro Bond Americani”, illustra Riteau. “Il Sudafrica è un altro esempio di ortodossia nella gestione del policy mix. Il tasso di intervento è al 8,25% per un indice dei prezzi al 5,3%. La banca centrale dispone di un margine di manovra per un ribasso dei tassi. I titoli di stato costituiscono una buona opportunità. I rendimenti dei titoli a 8 anni in USD sono del 7,6%, con uno spread di 324 punti base. Il rendimento del titolo ad 8 anni in valuta locale è di 11,1%, al netto della copertura del cambio dell’8%, con uno spread di circa 400 punti base comparato con gli Stati Uniti”, conclude Riteau.