Consob: criptoattività, i rendimenti non compensano il rischio

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Nik Korba (Unsplash)

Un rendimento annualizzato solo “lievemente” superiore a quello di altri asset a fronte di “un’assunzione di rischio ben maggiore”, una ridotta sicurezza delle piattaforme di scambio e, in definitiva, un calo di interesse per il settore (soprattutto in Italia). Le criptoattività, dopo l’ubriacatura degli anni precedenti, alla luce degli eventi negativi del 2022 hanno ridotto fortemente la loro portata in termini di performance. A settembre di quest’anno, il valore di mercato delle principali criptovalute risultava inferiore del 50% rispetto a quello registrato nel 2021, dopo un crollo del 65% nel 2022 e un parziale recupero nei primi nove mesi dell’anno in corso. A rilevare la tendenza è Consob, nel secondo rapporto sulle principali tendenze in materia di investimenti sostenibili e criptoattività di cui è stata pubblicata già una prima notizia dedicata all’approfondimento sui fondi sostenibili. È un caso, dunque, che soltanto in questi giorni si sia consumato l’ennesimo scandalo nel settore con la dichiarazione di colpevolezza di Changpeng Zhao, amministratore delegato di Binance, per il reato di riciclaggio e l’indagine aperta da parte della SEC statunitense per l’attività di promozione di trading finanziario in assenza di permessi.

Numeri e capitalizzazione

La crescita delle criptovalute, seppur consistente, si confronta ancora con una capitalizzazione decisamente ridotta rispetto a quella dei mercati azionari, andando a rappresentare il 2,1% del valore aggregato dei mercati americani, il 3,4% dei mercati asiatici e il 4,4% dei mercati europei e mediorientali. Oltre il 60% del valore di mercato delle criptovalute è poi riferibile a bitcoin ed ether.

Le applicazioni di DeFi e la volatilità “estrema”

Anche nel 2023 Consob dedica un’analisi approfondita alle applicazioni di finanza decentralizzata (Decentralised Finance o DeFi), indicando come l’ammontare di fondi depositati abbia visto un netto calo (-70% a settembre 2023 rispetto alla fine del 2021 e -63% nel 2022). Il settore DeFi, scrivono gli analisti della Commissione, ha due connotazioni principali: un’alta concentrazione della tecnologia sottostante (il 60% dei protocolli si basa sulla blockchain Ethereum) e, una parallela estrema eterogeneità nelle tipologie di protocolli in essere e, conseguentemente, nei rendimenti dei relativi pool di liquidità.

A questo si affianca una estrema volatilità dei prezzi: a settembre 2023 il rendimento annualizzato del bitcoin risultava infatti solo lievemente superiore a quello riferibile ad altre categorie di asset non digitali pur mostrando una volatilità di gran lunga superiore.

Giù i volumi delle transazioni e inattività

Crollano anche i volumi delle transazioni di bitcoin ed ether rispetto al 2021. Inoltre, sottolinea Consob, la dinamica del rapporto tra valori di mercato e volume delle transazioni (il cosiddetto network value to transactions ratio, NVT) “suggerisce il sussistere di prospettive ribassiste sui mercati delle due maggiori criptovalute” nonostante una stabilizzazione dei prezzi dopo il calo del 2022.

Aumenta anche la quota di cripto che non sono state oggetto di transazione nell’ultimo anno: circa il 60% per i bitcoin e il 70% per ether.

Correlazione con gli indici azionari

Altro elemento all’analisi è la correlazione tra dinamiche del prezzo del bitcoin e principali indici azionari, che risulta positiva nel 2023, a conferma di una dinamica già messa in luce nella rilevazione dello scorso anno, tuttavia “il legame appare meno marcato per gli indici europei rispetto a quelli statunitensi e in calo nell’anno in corso rispetto al 2022”.

Cyber security: solo 14 piattaforme “sicure”

Infine il tema della sicurezza cibernetica delle applicazioni sottostanti alle criptoattività resta un profilo critico: alcune statistiche relative a 188 piattaforme di scambio di criptovalute evidenziano che solo 14 possono ritenersi molto sicure e che, rispetto al 2022, è aumentata la quota di quelle che invece presentano scarse valutazioni di sicurezza cibernetica. Cresce anche la quota dei di fondi sottratti da attacchi hacker, che si colloca a 3,8 miliardi nel 2022 (erano 3,3 nel 2021).

Questa generale incertezza fa il paio con un calo dell’interesse da parte degli investitori (confermato anche dalla riduzione delle ricerche effettuate in rete). Stime sui detentori di criptoattività indicano che, a livello globale, quasi il 60% è riferibile ai paesi asiatici e solo il 4% ai paesi dell’Europa occidentale. Tra le maggiori economie europee la quota di popolazione che detiene criptoattività oscilla tra poco meno del 6% in Francia e Regno Unito e poco più del 2% in Italia.