Consiglio e Parlamento UE hanno raggiunto un accordo sulla proposta normativa volta a “mettere ordine” tra i rating provider ESG. Gli esperti salutano l’intervento “con favore”, ma restano ancora lacune da colmare.
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Prende forma uno dei filoni di lavoro in sede europea legato all’introduzione di un Regolamento sulle attività di rating ESG che, si legge in una nota diffusa dal Consiglio dell’Unione europea e del Parlamento europeo, “mira ad aumentare la fiducia degli investitori sostenibili”. I punti principali della proposta riguardano l’autorizzazione a operare per i rating provider (in capo a Esma); la ponderazione “esplicita” di rating dedicati ai singoli fattori (E, S e G); la risoluzione di potenziali conflitti tra rating ESG e altri rating offerti dai provider (vedi rating del credito), i requisiti minimi di trasparenza al pubblico sulle metodologie e sugli obiettivi dei rating.
Il Regolamento rappresenta il tassello mancante dell’Action Plan del 2018. La prima proposta risale a giugno 2023 e la velocità con cui i legislatori sono giunti a una proposta concreta, rappresenta secondo gli osservatori, un forte segnale della volontà europea di fare chiarezza sul settore. Il 22 febbraio il Parlamento ha votato a favore, una volta conclusa l'approvazione del Consiglio e del Parlamento si passa alla procedura di adozione formale e il regolamento inizierà a essere applicato 18 mesi dopo la sua entrata in vigore.
Un intervento “da salutare con favore”
“Si tratta senz’altro di un intervento interessante e da salutare con favore”, è il commento di Elena Felici, avvocata di LCA Studio Legale raggiunta da FundsPeople, che indica come la proposta introduca norme volte a migliorare non soltanto la trasparenza del mercato dei fornitori di rating ESG ma “in una certa misura, anche l’affidabilità”. L’esperta sottolinea, infatti, che “proprio con l’intento di aumentare la fiducia di investitori e aziende, le nuove norme prevedono che i fornitori di servizi di rating siano autorizzati e vigilati dall’ESMA, se operanti nell’UE, mentre i fornitori operanti da paesi extra-UE dovranno comunque ottenere un’approvazione da un fornitore già riconosciute nell’UE o comunque ottenere il riconoscimento (sulla base di un giudizio di equivalenza) di un’autorizzazione rilasciata dal paese terzo”. I rating provider dovranno poi “utilizzare metodologie rigorose, indipendenti e oggettive, e rendere note al pubblico tali metodologie nonché i modelli e le principali metriche utilizzate”. Nel dettaglio dell’accordo provvisorio si chiariscono, da un lato, le circostanze in cui i rating ESG rientrano nell'ambito di applicazione del Regolamento (fornendo ulteriori dettagli sulle esclusioni applicabili), dall’altro l'ambito di applicazione territoriale (stabilendo cosa si intende per operare nell'UE).
Inoltre, “nel caso dei partecipanti ai mercati finanziari, le cui attività sono già soggette a requisiti normativi di governance e divulgazione, i legislatori hanno scelto un approccio equilibrato per i rating prodotti internamente, riconoscendo che questi differiscono per natura e utilizzo rispetto a quelli offerti dai fornitori esterni di rating ESG”, sottolinea una nota diffusa da Efama nei giorni scorsi. “Questo pragmatismo – rimarca l’associazione europea – eviterà la duplicazione degli obblighi legali esistenti, pur tenendo conto della necessità di trasparenza”.
Rating separati
In base a quanto indicato in sede europea, se gli operatori dei mercati finanziari o i consulenti finanziari divulgano i rating ESG come parte delle comunicazioni di marketing, sono tenuti a includere informazioni sulle metodologie utilizzate in tali rating ESG sul proprio sito web (nella nota i legislatori fanno un esplicito richiamo a SFDR). L’accordo prevede poi la possibilità di fornire rating E, S e G separati. Tuttavia, si legge ancora nella nota “se si fornisce un unico rating, la ponderazione dei fattori E, S e G deve essere esplicita”.
Dubbi contingenti
Felici, rimarca un’assenza nella proposta dei co-legislatori: “ciò che manca ancora – afferma –, e che pertanto non risolve il noto problema dell’utilizzo di metodologie profondamente diverse e non particolarmente coerenti, è una regolamentazione che imponga requisiti minimi e armonizzati di rating (fondati sull’approccio di doppia materialità) in modo che i punteggi siano veramente il metro e lo specchio del reale impatto dell’attività delle imprese sui fattori ambientali e sociali, e dell’impatto che quest’ultimi hanno sulle imprese”.
Nonostante il mercato veda con favore il nuovo sviluppo normativo, dunque, restano dubbi sullo sfondo. La stessa Efama “pur riconoscendo i significativi progressi compiuti” riporta che “purtroppo c'è ancora un vuoto quando si tratta di regolamentare altri ESG data products nell'UE” e ricorda come non soltanto a livello europeo (ESMA) ma anche a livello internazionale (IOSCO) si insista sulla necessità di framework normativi solidi e rivolti a tutti gli ESG data product, al fine di “per combattere il greenwashing e sostenere la trasparenza nel reporting ESG”.
L’affermazione potrebbe andare in direzione dei soggetti di grandi dimensioni (i rating provider di dimensioni minori hanno un richiamo specifico all’interno della proposta di Regolamento con la previsione di un regime semplificato e provvisorio) che oltre ai rating ESG forniscono anche rating di credito (come S&P o MSCI).
Agire in anticipo
L’associazione europea ricorda poi come anche nel Regno Unito, un gruppo di lavoro convocato dalla Financial Conduct Authority (FCA, la Consob UK), abbia “sviluppato un codice di condotta per i fornitori di dati ESG e di rating” e invita i legislatori dell'UE “a non aspettare una futura revisione della normativa sui rating ESG, ma a sviluppare al più presto un framework normativo o un codice di condotta per i prodotti di dati ESG di terzi”. Secondo Chiara Chiodo, consulente per le politiche normative di Efama, “informazioni ESG trasparenti e complete sono fondamentali per consentire agli investitori di prendere decisioni sicure quando scelgono prodotti finanziari con caratteristiche di sostenibilità. L'inclusione dei rating ESG in questo regolamento è un passo avanti necessario per guidare la transizione verso un'economia più verde. Ci auguriamo – conclude Chiodo – che i responsabili politici dell'UE prendano in considerazione le restanti questioni relative ai dati ESG quando definiranno le loro priorità per rafforzare l'Unione dei mercati dei capitali durante il prossimo mandato legislativo”.