Secondo Matteo Ramenghi, CIO di UBS WM Italy, un taglio dei tassi già nella riunione di aprile non sarebbe prematuro. Tuttavia l’Eurotower dovrebbe aspettare fino a giugno per poter raccogliere maggiori dati sulle dinamiche salariali.
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I dati economici pubblicati negli ultimi mesi indicano che nell’Eurozona crescita e inflazione sono in forte rallentamento. “La zona euro è pressoché in stagnazione e a marzo l’inflazione si è fermata al 2,4%, il livello più basso da luglio 2021 e solo un soffio al di sopra del target della Banca centrale europea (BCE). L’inflazione ‘core’, depurate da energia e alimentari, è rimasta leggermente più elevata al 2,9%, ma ha riportato comunque una chiara contrazione”, analizza Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer, UBS WM Italy. Questo ridimensionamento secondo l’esperto è particolarmente importante perché segue un periodo di volatilità dei dati dovuto anche alle iniziative in ordine sparso nel campo dell’energia. “Infatti, i diversi governi hanno adottato approcci diversi con il risultato, ad esempio, che a marzo l’inflazione è scesa in Germania e Francia, mentre è cresciuta in Italia e Spagna”, evidenzia l’esperto.
Zona euro di fatto in stagnazione
Secondo Ramenghi, nei prossimi mesi l’inflazione continuerà a essere volatile, ma comunque in discesa. La maggiore incertezza riguarda l’inflazione nei servizi, che si dimostra più difficile da contenere e corre ancora al 4 per cento. “Non bisogna però perdere di vista l’andamento economico: la zona euro di fatto è in stagnazione da oltre un anno”, dice il CIO. “La crescita è stata solo di mezzo punto percentuale lo scorso anno e non ci sarà un significativo miglioramento nel 2024”, prosegue. “La Germania addirittura ha registrato una piccola contrazione nel 2023 e si manterrà appena sopra lo zero quest’anno. Per quel che valgono, alcuni recenti sondaggi economici suggeriscono una ripresa della manifattura nei prossimi mesi, ma l’entrata in vigore del nuovo Patto di stabilità porterà a una politica fiscale più restrittiva a detrimento della domanda interna. Inoltre, con tutta probabilità una decina di Paesi – tra i quali l’Italia – si troveranno a dover far i conti con la procedura per deficit eccessivo che determinerà un’ulteriore stretta”, dice l’esperto.
Cosa aspettarsi dalla Bce
Sullo sfondo, la politica e la geopolitica presentano ulteriori incertezze: le elezioni presidenziali americane, quelle europee, le guerre tra Israele e Hamas e tra la Russia e l’Ucraina, oltre alla rivalità tra Cina e Stati Uniti sono tutte incognite che potrebbero avere ripercussioni economiche negative. “Su queste basi, a mio avviso un taglio dei tassi d’interesse già nella prossima riunione di giovedì 11 aprile non sarebbe affatto prematuro”, afferma Ramenghi. “Tuttavia, nelle minute dell’ultima riunione del Consiglio direttivo della BCE è stato sottolineato che sarebbe preferibile aspettare fino a giugno per poter raccogliere maggiori dati sulle dinamiche salariali. La rapidità dei tagli dei tassi d’interesse nel resto dell’anno dipenderà in larga misura dall’andamento economico ma, in generale, ci aspettiamo una certa cautela”, argomenta l’esperto. “Complessivamente stimiamo una riduzione di un punto percentuale nel corso di quest’anno e immaginiamo che per la fine del primo trimestre del 2025 i tassi saranno scesi al 2,5%. A lungo termine, la diminuzione dei rendimenti potrebbe essere più importante”, prosegue Ramenghi.
Mercato obbligazionario ancora attraente
“Dalla crisi finanziaria globale del 2008 si registra un continuo aumento dell’indebitamento pubblico, che in presenza di tassi d’interesse più elevati è diventato più oneroso. Proprio le politiche di gestione del debito e l’interazione di questa dinamica con le altre grandi tendenze in corso come il riarmo, l’invecchiamento della popolazione, la deglobalizzazione e la transizione energetica caratterizzeranno i prossimi anni”, continua il professionista. “Sicuramente per affrontare queste sfide saranno necessari grandi investimenti e quindi occorrerà che i costi di finanziamento siano contenuti. Questa necessità potrebbe riportarci a uno scenario di repressione finanziaria, vale a dire rendimenti dei titoli di Stato della zona euro al di sotto dell’inflazione. Per queste ragioni penso che la finestra che il mercato obbligazionario attualmente offre in termini di rendimenti sia ancora da sfruttare, rendendoli duraturi con scadenze medio-lunghe e limitando la liquidità alle effettive necessità”, dice.
“Le obbligazioni di buona qualità hanno poche probabilità di perdere valore se tenute a scadenza e al momento anche quelle con i migliori rating presentano rendimenti reali positivi, vale a dire superiori all’inflazione attesa”, sottolinea il CIO di UBS WM Italy. “Man mano che l’economia rallenta e l’inflazione scende, gli investitori inizieranno a posizionarsi per una riduzione dei tassi d’interesse, che ne dovrebbe far aumentare le quotazioni. Potrebbero anche presentare un andamento anticiclico: se l’economia dovesse sorprendere in negativo, le banche centrali si vedrebbero costrette ad accelerare i tagli e ciò potrebbe spingere al rialzo le quotazioni delle obbligazioni di buona qualità con scadenza medio-lunga”, conclude Ramenghi.