Diversificazione e rendimenti, il fascino dei private markets
Il 2023 ha confermato le difficoltà presenti sui mercati quotati già a fine dello scorso anno: iper inflazione, tassi in rialzo, spettro della recessione. È pur vero che si è presentata una novità significativa: è tornato valore nell’universo obbligazionario. Nell’attuale contesto, è necessario riconsiderare complessivamente le asset class e orientarsi verso le proprie priorità di investimento. In un mondo in continuo mutamento, la scelta dei private markets, per esempio, può fare la differenza. Diversificazione e decorrelazione rispetto agli asset tradizionali e possibilità di rendimenti elevati, in un orizzonte di medio lungo periodo, possono essere le motivazioni alla base di questo orientamento. Ma selezionare le migliori occasioni all’interno del variegato mondo dei private markets non è semplice. Uno step successivo può essere rappresentato dal private equity secondario, che offre agli investitori una via per accedere a opportunità di investimento mature e diversificate, in un contesto di mercato in cui la diversificazione e la mitigazione del rischio sono diventate essenziali. Di private markets e private equity secondario, in particolare, si è discusso nel corso della nuova tavola rotonda del progetto Hub Alternative.
I commenti si riferiscono al contesto del 12 settembre 2023.
La due diligence di un investimento in un asset non quotato può essere più complessa rispetto a quella di un titolo quotato per diverse ragioni, in particolare per le maggiori asimmetrie informative e i rischi di liquidità e di governance. Ancora più complessa, è la gestione del comparto nel mondo private. “Dal mio punto di vista i private markets si posizionano ancora a uno stadio iniziale di conoscenza per tipologia di asset class e soluzioni di investimento da parte della clientela private”, sottolinea Luigi Capezzone, responsabile strategie di investimento e dei prodotti di risparmio gestito Banca Generali. “L’industria - prosegue - deve necessariamente fare uno sforzo per diffondere gli elementi necessari ad apprezzarne adeguatamente i pro e i contro. In Italia il livello di penetrazione di questo tipo di asset class nei portafogli dei clienti private è ancora molto basso, siamo solo all’inizio di un processo che vedrà negli anni gli investimenti in private markets crescere considerevolmente: sono un’asset class fondamentale, soprattutto dal punto di vista della decorrelazione con i mercati quotati in un contesto di elevata correlazione equity-bond e di sofferenza dei tipici portafogli 60/40 come quello che stiamo attualmente vivendo. Se pensiamo, ad esempio, che negli Stati Uniti solo il 13% delle aziende ad elevata capitalizzazione è quotata, significa che le opportunità nei mercati privati sono esponenzialmente maggiori che nel mercato pubblico: per un investitore non entrare su queste asset class significherebbe privarsi di queste opportunità. Naturalmente l’approccio a queste strategie deve essere necessariamente di medio-lungo termine. Offriremo quindi questo tipo di strategie ai clienti retail, ma cercando di educarli ad avere lo stesso approccio a medio e lungo termine degli istituzionali. Il progresso tecnologico e della normativa aiuterà molto a spingere in questa direzione di sviluppo futuro”.
1/4I mercati privati “rappresentano un elemento importante nell’asset allocation dei clienti istituzionali e stanno diventando sempre più importanti nel mondo del private banking”, evidenzia Enzo Colombo, head of Credit, Loans & Private Equity Strategies di Eurizon Capital Real Asset. “Soprattutto in quest’ultimo segmento - prosegue -, il quadro normativo è attrattivo: governi e autorità di regolamentazione stanno cercando di promuovere ulteriormente gli investimenti nell'economia reale. In Italia, ad esempio, i PIR Alternativi rappresentano un’opportunità di investimento interessante e concreta. Tuttavia, occorre una gestione professionale per costruire prodotti e portafogli coerenti con questo tipo di investitori, bilanciando adeguatamente il profilo di rischio-rendimento e puntando a creare valore attraverso portafogli diversificati”. Anche Colombo si trova d’accordo nel sostenere che “i mercati privati richiedono un approccio a lungo termine, in ottica ‘buy & hold’. In quest’ambito, non credo sia possibile investire in maniera opportunistica in base a previsioni sull'andamento dei mercati. È importante invece essere ‘consistent’, sarebbe quindi meglio prevedere un'allocazione minore ma costante nel tempo, invece di investire quote significative in periodi specifici. Per noi questa è la chiave. In sintesi, bisogna puntare su una strategia di investimento di medio-lungo termine ed essere pronti ad affinarla tatticamente nel corso del tempo considerando lo scenario di mercato e le reali opportunità presenti”.
2/4Per asset quali il private equity secondario "è fondamentale comunicare in modo trasparente con i propri clienti", evidenzia Tanja von-Ehrlich, head of Wholesale UBS Asset Management Real Estate & Private Markets. La manager ricorda che "si tratta di asset semi liquidi, al pari di un immobile, ed è importante comprenderne le caratteristiche. Il private equity secondario rappresenta per noi un ottimo esempio di asset semiliquido. In linea di principio, è esposto a fattori macroeconomici simili a quelli che impattano i mercati quotati, ma vi sono alcuni vantaggi ulteriori, come la possibilità di partecipazione attiva e un orizzonte temporale molto più lungo. Elemento distintivo è anche l'allineamento di interessi tra il gestore e l'asset class. La nostra strategia prevede una soglia di investimento minima di 50 mila dollari: acquisiamo asset tra i 4 e i 7 anni, già prossimi a produrre distribuzioni. In condizioni di mercato normali, ogni anno circa il 20% del portafoglio rientra nei termini di liquidità che possiamo utilizzare per soddisfare le richieste di rimborso dei clienti. Nell’attuale contesto macro, riteniamo che il private equity secondario possa offrire opportunità senza precedenti per gli investitori".
3/4L'onda lunga dei private markets non è ancora destinata a esaurirsi. "Gli ultimi dieci anni sono stati definiti ‘l’età dell’oro’ per i private markets, ma siamo convinti che nel prossimo decennio si registrerà per il comparto una crescita ancora più significativa. Riteniamo vi siano tre ragioni principali a supporto di questa tesi", sostiene Paolo Rizzuti, responsabile Private Markets e Stable Agreements Area Wealth Management, Credem. "La prima - prosegue - riguarda la spinta normativa a livello europeo e domestico per avvicinare il risparmio delle famiglie all’economia reale: basti pensare al recentissimo intervento sul Regolamento UE sugli ELTIF o alle diverse agevolazioni fiscali previste per questi investimenti in alcuni Paesi membri. La seconda è relativa invece all’evoluzione tecnologica, con l’arrivo di diverse piattaforme fintech, che facilitano l’accesso a questo tipo di strumenti e ne semplificano il processo di selezione, così come la gestione degli oneri amministrativi. La terza, infine, è la maggiore cultura finanziaria sugli alternativi, supportata dall’attività di riviste specializzate e player di settore. Anche il dibattito e superamento di modelli allocativi come il modello di portafoglio 60/40 contribuisce alla diffusione delle strategie alternative. Il prossimo decennio sarà quindi molto favorevole per i mercati privati. Per questo stiamo cercando di costruire un’offerta stabile di questo tipo di prodotti, convinti come siamo che essi creino valore per i nostri clienti quando inseriti in un portafoglio diversificato e attentamente costruito".
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