La Fed conferma la sua lotta all'inflazione: prime analisi dei gestori internazionali

Jerome Powell Fed News
Immagine concessa (Federal Reserve)

Nuovo rialzo dei tassi di 75 punti base negli Stati Uniti. Il terzo e consecutivo, segno che la Federal Reserve ha intrapreso la politica monetaria più restrittiva dagli anni Ottanta. Nella riunione di settembre, si è attenuta al copione e ha collocato i tassi di interesse nell'intervallo 3-3,25 per cento. Lo scenario più aggressivo non si è concretizzato, visto che i rumors parlavano di un aumento di 100 punti base, ma è innegabile che la banca centrale statunitense rimane ben salda nella sua posizione hakwish.

75 è il nuovo 25, ha detto Bill Zox. Almeno finché qualcosa non si rompe. E, proprio secondo il gestore di Brandywine Global (parte di Franklin Templeton), non si è ancora rotto nulla. “La Fed non è affatto vicina a una pausa. Si sono focalizzati a schiacciare l'inflazione”. La domanda che Zox si pone è cos’altro potrebbe accadere lungo la strada.

Al momento, il faro che guida il percorso di Jerome Powell è l'inflazione. Se si esservano i dati dell'IPC statunitense, il tanto atteso punto di svolta, in realtà, sembra ancora più lontano. “I dati continuano a indicare che le pressioni inflazionistiche diventano più ampie e più radicate con pressioni che si spostano dall'energia ai servizi. Allo stesso tempo, la continua forza economica e un mercato del lavoro sano determinano una scelta limitata, almeno per ora, tra crescita e inflazione", ha affermato Anna Stupnytska, Global Macro Economist di Fidelity International.

Preparatevi ad una politica più aggressiva

È l'interpretazione generale dei manager internazionali. Dobbiamo abituarci all'idea che vedremo una politica monetaria più aggressiva. Almeno a breve termine. Un punto saliente è la proiezione dei tassi che è stata comunicata durante la riunione. "Il vero messaggio hakwish è stato trasmesso nel Riassunto delle proiezioni economiche", avverte Christian Scherrmann, economista di DWS. Gli aggiornamenti delle opinioni dei banchieri centrali sul percorso futuro dell'economia mostrano una chiara volontà di aumentare i tassi di interesse al 4,4%, da qui a dicembre. E per di più mantenerli al di sopra di questo livello (al 4,6%) fino al 2023. "Il balzo rispetto alla proiezione di giugno è notevole: 100 punti base in più", sottolinea l'esperto.

Come osserva David Page, Head of Macro Analysis di AXA IM, la reazione del mercato si è adattata a questa posizione più aggressiva, “con poca considerazione rispetto al fatto che la speculazione di un aumento di 100 punti base non si è concretizzata", osserva.

I rendimenti dei Treasury americani a 2 e 10 anni sono aumentati di 14 e 6 punti base subito dopo l'annuncio. Tuttavia, i rendimenti a 2 anni sono scesi a +7 punti base (4,05%) mentre i rendimenti a 10 anni di 3 punti base al di sotto del livello pre pubblicazione (3,5 per cento).

I mercati finanziari hanno notato un aumento iniziale delle aspettative sui tassi di fine anno di 11 punti base, ma sono attualmente al 4,25%, rifiutandosi di sostenere la visione più aggressiva della Fed, secondo Page. Per il prossimo marzo, tuttavia, le aspettative sono superiori di 10 punti base al 4,60%, prima di scendere di 15 punti base nel luglio 2023. Anche il dollaro ha sofferto dopo l'incontro: al momento segna un 0,3% in più rispetto a prima. Lo S&P 500 è in calo dell'1,3 per cento.

2024: Tassi in calo?

Un secondo messaggio importante da analizzare è lo scenario che la Fed ha proiettato tra due anni. Il livello massimo previsto dei tassi di interesse è stato innalzato al 4,6% in vista dei graduali tagli dei tassi previsti nel 2024. “Ciò è sostanzialmente in linea con le aspettative del mercato, sebbene la revisione al ribasso delle previsioni di crescita per il 2023 e 2024 evidenzi il costo di questa trend nel controllare l'inflazione”, afferma Charles Diebel, head of Fixed Income di Mediolanum International Funds Limited.