Diversi addetti ai lavori vedono gli emergenti come motori di una crescita più solida in futuro. Il tema è emerso in occasione del FundsPeople Talks che ha visto fund selector e asset manager a confronto.
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Diversi addetti ai lavori vedono gli emergenti come motori di una crescita più solida in futuro. Il tema è emerso in occasione del FundsPeople Talks che ha visto fund selector e asset manager a confronto.
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I mercati emergenti ricoprono un ruolo molto importante all’interno dell’asset allocation, ma con la giusta selezione e diversificazione. Diversi addetti ai lavori vedono gli emergenti come motori di una crescita più solida in futuro, dettata da un’attesa adozione di politiche monetarie accomodanti da parte delle rispettive banche centrali. In questo contesto la Cina continuerà ad avere un ruolo di primo piano, seguita dall’India e dall’America Latina. Il tema è emerso in occasione del FundsPeople Talks dedicato ai mercati emergenti, che si è tenuto il 15 novembre a Milano e ha visto la partecipazione di fund selector e asset manager esperti del settore.
I mercati emergenti rappresentano una parte importante dell’economia mondiale e quindi, come spiega Gabriele Montalbetti, gestore di Consultinvest, per avere un’esposizione globale ai mercati finanziari è necessario che siano presenti in portafoglio. “I mercati emergenti sono una parte sia strutturale, sia tattica della nostra asset allocation”, afferma Montalbetti che ricorda come un elemento chiave sia rappresentato dalla selezione del Paese perché ci sono molte differenze (ad esempio produttori o importatori di materie prime) e differenti dinamiche in termini di crescita, inflazione e politiche fiscali e monetarie. “Per questo, per quanto riguarda la nostra visione o le nostre prospettive per i prossimi 12-24 mesi, la risposta non è univoca. In termini di regioni, attualmente quella più interessante per noi è l'America Latina”, afferma il gestore indicando come i due Paesi più rilevanti, in questo caso, siano il Brasile e il Messico. “Nel primo caso – sostiene – le politiche monetarie hanno già invertito la tendenza con l’avvio di un ciclo di ribassi, mentre il Messico è un Paese che è chiaramente il primo beneficiario del near-shoring degli Stati Uniti”.
1/6Investire nei mercati emergenti non è importante solo per avere un’esposizione globale, ma anche per la diversificazione. È proprio questa la principale considerazione che fa Sofia Righetti, investment analyst di Generali Investments. L’esperta afferma infatti che, per la società, “l'allocazione nei mercati emergenti è fondamentale al fine di migliorare la diversificazione”. Per quanto riguarda l’outlook, Righetti pensa che i mercati emergenti “probabilmente garantiranno una crescita più solida in futuro” anche perché le Banche centrali di quest’area potrebbero adottare politiche monetarie più accomodanti. La visione sui mercati emergenti è piuttosto positiva, ma all’interno dell’asset class Righetti osserva una certa dispersione: ad esempio, la crescita dell’America Latina è resiliente, mentre l’EMEA sta rallentando. Nel complesso, l’esperta evidenzia come ci sia bisogno di essere “selettivi” nel processo di allocazione delle risorse e raccomanda due cose: cercare di avere “una visione a lungo termine” oltre che “un’esposizione ben assortita a questi mercati”.
2/6La presenza dei Paesi emergenti sembra necessaria in un portafoglio di investimento di respiro internazionale, anche se il comparto è molto vasto e, di conseguenza, bisogna effettuare un’accurata selezione. “Utilizziamo anche una certa esposizione ai mercati emergenti in modo tattico nei nostri portafogli globali”, afferma Massimo Ricatti, portfolio manager - multimanager division di Bcc Risparmio & Previdenza, spiegando che “i mercati emergenti sono per loro natura un'asset class eterogenea. Abbiamo infatti diversi tipi di mercati non solo dal punto di vista geografico (perché ovviamente la geografia è piuttosto ampia) ma anche in termini di sistemi politico-economici e ciò porta ad avere contemporaneamente Paesi che vivono diverse fasi del ciclo”. Un focus specifico va poi all’azionario, nel dettaglio quello cinese e indiano. Per l’esperto Pechino rappresenta il “principale driver” per le performance dell’asset class oggetto di analisi, e “continuerà a esserlo nei prossimi mesi e anni, stante il suo peso nell’indice”. L’azionario del Paese asiatico ha sicuramente una valutazione interessante, in particolar modo, “dal punto di vista dei fondamentali”, precisa Ricatti, che indica, tuttavia, come “il sentiment influenzerà ancora l’andamento per il prossimo futuro”.
3/6Anche Antonio Ligori, responsabile asset allocation di Mediobanca SGR, riconosce l’importanza dei Paesi emergenti dal punto di vista dell’asset allocation ed evidenzia che la Cina “è diventata un fattore chiave all’interno dei portafogli”. Tuttavia, prosegue l’esperto, il 2023 è stato un anno “piuttosto difficile per i mercati emergenti”, anche a causa dell’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. Alla luce di quest’anno sfidante, aggiunge Ligori, al momento gli emergenti presentano valutazioni più interessanti rispetto al passato, elemento che potrebbe essere “uno dei driver principali per il prossimo futuro”.
4/6Roberto Bianchi, head of funds selector di Banor SIM, dichiara di avere al momento un’esposizione poco rilevante ai mercati emergenti, ma non esclude che in futuro potrebbero emergere delle opportunità d’investimento nell’area. L’esperto ritiene che si dovrà “capire cosa succede negli Stati Uniti, soprattutto se la recessione si materializzerà o meno”. In attesa di acquisire un quadro più chiaro, Bianchi mantiene un atteggiamento improntato alla prudenza. Per giustificare la sua cautela l’esperto cita i tassi elevati, il dollaro forte e altri rischi, come quello geopolitico. In un contesto del genere, l’head of funds selector di Banor pensa che sia necessario “puntare su un portafoglio facile da modificare” così da ridurre l’esposizione al rischio in modo rapido.
5/6Nel complesso, alla luce di tutte le considerazioni fatte, i mercati emergenti rappresentano un’area di interesse. Juliana Hansveden, portfolio manager, emerging markets sustainable equity di Ninety One, ritiene infatti che questo sia il momento giusto per investire nel settore. Per l’esperta si tratta di “un'opportunità incredibile” dal momento che le azioni dei mercati emergenti, come asset class, potrebbero offrire rendimenti annualizzati superiori alla media globale pari a circa il 5 per cento. Dal punto di vista macroeconomico, evidenzia la portfolio manager, “è molto probabile che la Federal Reserve abbia terminato le manovre” di politica monetaria. E questo elemento dovrebbe favorire l’andamento degli emergenti.
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