Private debt, nel 2023 raccolta record ma investimenti in calo del 12%

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Luke Southern (Unsplash)

Dati “in qualche misura confortanti”. Innocenzo Cipolletta, presidente di AIFI, Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt commenta così i numeri del private debt italiano nel 2023 inserendo il risultato nel contesto di un mercato caratterizzato “dal consistente rialzo dei tassi di interesse, che è connesso con l’evoluzione del sistema in quanto ne ha influenzato costo e remunerazione”. Il risultato, d’altronde, si distingue da quello del 2022 sia in termini di raccolta sia nel numero degli operatori di private debt attivi nel mercato italiano: la prima cresciuta del 14% a quota 1,14 miliardi di euro (di cui 1,1 milioni raccolti sul mercato), il valore più alto mai registrato; mentre gli operatori sono passati da 11 nel 2022 a 13 lo scorso anno. In apertura della conferenza stampa di presentazione dei dati del report realizzato da AIFi in collaborazione con CDP e Deloitte, Cipolletta rimarca la centralità del sistema come percorso per cui spesso “le PMI si avvicinano all’apertura del capitale a soci esterni”. Il presidente richiama “una ritrosia da parte delle PMI per cui l’equity è visto come una sorta di spossessamento della capacità di gestione da parte dell’imprenditore. Il capitale di debito, per contro, è percepito come un approccio più ‘soft’ in quanto non implica un possesso esterno dell’azienda, nonostante presenti un’apertura a ‘suggerimenti’ da parte di chi presta il debito”.

Come è andata la raccolta nel 2023

Sul fronte dei soggetti più attivi in termini di raccolta, Anna Gervasoni direttrice generale AIFI sottolinea la rilevanza della “componente domestica” (che va a coprire il 90% della raccolta), con la prima fonte rappresentata da settore pubblico (nello specifico CDP) e i fondi di fondi istituzionali (46%), seguiti dalle banche (19%) e dai fondi pensione e casse di previdenza (16%). È interessante notare, afferma Gervasoni, “come questo mercato, ancora giovane in Italia, abbia il supporto delle istituzioni, che lo scorso anno hanno rappresentato il primo pilastro della raccolta, seguite dalle banche. Questo sottolinea anche la complementarietà tra banche e private debt sia per quanto riguarda la raccolta sia per quanto riguarda l’operatività successiva”.  Le SGR, per contro, si posizionano come “segmenti che possono e devono essere ancora attivati sul fronte raccolta”. Mentre il peso di CDP “segue una logica anticiclica”, afferma Andrea Nuzzi, responsabile imprese e istituzioni finanziarie di Cassa Depositi e Prestiti, “non solo come investitore finanziario a supporto delle SGR ma con l’obiettivo ultimo di supportare il sistema imprenditoriale italiano". Nuzzi parla di una “strategia monte-valle”: “lavoriamo a monte cercando di creare un ecosistema fluido per le società di gestione e allo stesso tempo a valle insieme ai gestori di fondi andiamo a co-finanziare le target”.

Le principali fonti della raccolta di mercato

Fonte: AIFI-CDP-Deloitte

Investimenti

Per quanto riguarda gli investimenti nel mercato italiano del private debt, nel 2023 si sono attestati a 2,85 miliardi, in calo del 12% rispetto all’anno precedente (3,23 miliardi), che aveva fatto registrare cifre record. Scende il numero di sottoscrizioni: 164 (-37%) distribuite su 109 società (-23%). Aumenta, invece, il numero di operatori che hanno realizzato almeno un investimento: 39 (35 nel 2022), di cui 20 internazionali.

Nonostante i soggetti domestici abbiano realizzato il 70% del numero di operazioni, il 75% dell’ammontare è stato investito da operatori internazionali.

“Uno spaccato interessante – continua Gervasoni – riguarda la distribuzione dell’ammontare investito in funzione dei ticket di investimento, le grandi operazioni sono la metà rispetto al 2022 ma l’ammontare non è calato molto mentre per le fasce di dimensioni minori c’è una buona distribuzione e sostanziale tenuta del mercato”.

Le dimensioni degli investimenti

Fonte: AIFI-CDP-Deloitte

I finanziamenti hanno rappresentato il 55% dei casi, le sottoscrizioni di obbligazioni il 38% e gli strumenti ibridi il restante 7 per cento. Per quanto riguarda le caratteristiche delle operazioni, la durata media è di sei anni e un mese, mentre il tasso d’interesse medio, relativo a un campione di operazioni con tassi fissi per il quale è disponibile il dato, è stato pari al 6,84 per cento.

Con riferimento agli obiettivi delle operazioni, nel 2023 il 75% degli interventi ha avuto come scopo la realizzazione di programmi indirizzati allo sviluppo delle società target, mentre a livello di ammontare il 61% del totale ha riguardato debito a supporto di operazioni di buy out.

La Lombardia si conferma la prima Regione in cui si trova il 33% delle società italiane oggetto di investimento, seguita da Veneto (12%) e Emilia Romagna (11%); mentre per i settori in primis restano beni e servizi industriali, seguiti da energia e ambiente.

Rimborsi

Nel 2023 le società che hanno effettuato rimborsi sono state 82 (132 l’anno precedente, - 38%), per un ammontare pari a 645 milioni (il doppio rispetto ai 317 milioni dell’anno precedente). Il rimborso come da piano di ammortamento dello strumento ha rappresentato la tipologia più utilizzata in termini di numero, con 59 rimborsi (66% del totale). Gli operatori che hanno ricevuto rimborsi (anche parziali) sono stati 16, rispetto ai 14 dell’anno precedente.