Proli (Amundi): “Multi-manager e approccio olistico, le caratteristiche della consulenza nel mercato italiano”

Paolo Proli, Amundi_news
Paolo Proli. Foto concessa (Amundi)

Dinamismo internazionale e una specifica vocazione per il mercato locale. Questa combinazione di ingredienti, nel tempo, ha fatto sì che Amundi salisse sul podio delle società estere con il maggior business retail in Italia (oltre 122 miliardi di euro in fondi aperti e gestioni di portafoglio retail a fine febbraio 2023, dati Assogestioni). “Da 20 anni con sempre rinnovato entusiasmo, mi occupo di presidiare il mercato retail italiano. Ho iniziato nel marzo 2002 e la società non si chiamava ancora Amundi, si sono poi susseguite numerose fusioni ,ne cito solo alcune, quella con Intesa e Pioneer. Siamo cresciuti sempre sia in modo organico sia con operazioni straordinarie”, racconta così alcuni dettagli del suo percorso personale Paolo Proli, head of retail division & executive board member di Amundi SGR.

L’Italia, per Amundi, è il secondo mercato di riferimento a livello internazionale.  E il 2022, anno tutt’altro che facile da navigare sui mercati finanziari, si è chiuso con una raccolta netta di 4,9 miliardi (dati Assogestioni).

“Qui abbiamo l’hub multi-asset dell’intero gruppo e quindi siamo in grado di concentrare a Milano questo valore aggiunto. I progetti retail si fondono con l’asset & wealth managment con un approccio olistico e spesso in sinergia con varie business line del mercato finanziario, come ad esempio le relazioni con il mondo assicurativo o con l’investment banking”, spiega il professionista in questa intervista rilasciata a FundsPeople.

Il lavoro del manager si alimenta anche grazie a una continua osservazione di ciò che succede a livello internazionale, nel tentativo di trasporlo poi sul mercato italiano, o viceversa. “La mission che cercherò di portare avanti anche nei prossimi anni è supportare la transizione energetica. Abbiamo diversi progetti in questo ambito, uno su tutti è l’ecosistema dell’idrogeno, un’intuizione di grande successo tramutatasi in un fondo con il quale vogliamo far arrivare nuove risorse in questo universo”, commenta Proli.

L’obiettivo è anche colmare la distanza con le persone, ossia i clienti e gli investitori retail, “per questo stiamo realizzando una formazione capillare sul territorio e organizzando eventi per accorciare sempre più questa distanza. Centrale per noi sono i temi della finanza comportamentale, dell’impact investing e della sostenibilità a tutto tondo”, ci tiene a precisare.

Una fotografia del mercato domestico

L’Italia, più di altri mercati del Sud Europa ha degli importanti elementi distintivi se comparati a quelli dei Paesi del Nord. “Non si tratta di un mercato votato alla consulenza indipendente come accade nel Regno Unito; piuttosto il nostro modello di consulenza finanziaria, negli ultimi 20 anni, si è evoluto rimanendo però sempre unico nel suo genere. Ad esempio nel 2000 esisteva già il concetto di multi-manager che in altri Paesi fatica ancora a decollare. Altra peculiarità è data dalle relazioni personalizzate con il cliente che si instaurano tra consulenti finanziari e clienti finali con un’estrema attenzione alla relazione umana”, racconta Proli.

Secondo l’esperto di Amundi un tema chiave in Italia rimane quello demografico. “Il nostro è un Paese anziano con una concentrazione importante di ricchezza nelle mani della generazione dei baby boomer e il passaggio del patrimonio è in ritardo”. commenta.

I risparmiatori e investitori italiani sono guidati da due driver. Da una parte c’è la grande attrazione verso prodotti esteri, dall’altra il punto fermo rappresentato dal debito domestico. “Come noto, per il risparmiatore italiano il Btp rappresenta un porto sicuro e proprio in quest’ultimo periodo abbiamo potuto vedere un ritorno di questa forte propensione al debito domestico”, aggiunge Proli. Inoltre, l’appetito al rendimento (guardando anche allo spread) in Italia è molto sviluppato anche se questa tendenza poi non si traduce in una maggiore disponibilità a investire aggiungendo più rischio.

Non solo peculiarità ma anche debolezze. Una tra tutti è il livello molto basso di educazione finanziaria in Italia che a detta dell’esperto dovrebbe essere insegnata a partire dalla scuola mentre all’estero c’è molta più attenzione poiché viene considerato come un valore aggiunto.

Guardando indietro,  ciò che ha subìto un cambiamento negli ultimi anni è l’architettura che da aperta si sta facendo via via sempre più chiusa. “A tendere assisteremo alla creazione di partnership strategiche tra poche case prodotto e la distribuzione, con una concentrazione delle SGR più grandi che riusciranno a imporsi e quindi a farsi scegliere dalle reti”, ammette Proli. La previsione che l’esperto si spinge a fare per quest’anno vede il risparmio in Italia diventare sempre più amministrato, facendo così registrare meno flussi in direzione del gestito. Sullo sfondo c’è un mercato che cambia molto rapidamente, basti considerare l’evoluzione dei tassi di interesse negli ultimi cinque anni. Da un mondo a tassi zero a un rialzo consistente e repentino. “Potremmo dire che il nostro mondo è stato stravolto, siamo tornati indietro di 10 anni ma forse questo cambiamento non ci ha trovati così pronti. In due mesi è esploso tutto e siamo ancora fermi al presente del post pandemia”, sottolinea.

Innovazione prodotto

Guardando ai prodotti, la parola chiave rimane innovazione. Ma questa da sola non basta e allora serve offrire al cliente anche un servizio integrato.

Nei primi mesi dell’anno si è riaffermato il mantra “bonds are back”. “Aggiungeremo la componente di fondi aperti solo quando la recessione sarà meno evidente (probabilmente alla fine dell’anno) con una parte di high yield e di emergente. Ma anche “cash is back” e il money market oggi è tornato a rendere, dunque possiamo proporlo al retail, all’istituzionale ma anche alle aziende, con dei buy and watch molto corti, anche a un anno”, spiega Proli. Si guarda anche al multi-asset, che dopo il periodo negativo dello scorso anno, “oggi si è ricaricato di potenziale di dividendi perché, ad esempio, sono scesi i prezzi delle azioni e torna a rendimenti attesi interessanti”, dice. Infine, come si diceva prima, una menzione al tema della transizione energetica, posizionando i fondi a impatto nell’ecosistema dell’idrogeno o nelle energie rinnovabili. Nel frattempo gli illiquidi vanno avanti, nell’attesa della normativa del 2024 per la semplificazione ulteriore degli ELTIF. “Come si diceva prima, oggi il problema è l’appetito del cliente che è rivolto in prima battuta al nostro rivale che è tornato a essere il Btp che, se mantenuto fino a scadenza, apporta un rendimento garantito, per questo dobbiamo trovare prodotti che rappresentino una diversificazione e non solo rendimento”, aggiunge il manager.

Un’ultima battuta conclusiva sulla sostenibilità. Un tema centrale per Amundi che ha disposizione cinquanta professionisti focalizzati proprio su questo. “L’obiettivo è investire nelle aziende con una buona governance, limitando al massimo i rischi legati all’ambiente e facendo scoring sia sul bilancio finanziario che su quello non finanziario, guardando poi all’impatto finale sulla filiera”, spiega. A detta di Proli, , oggi si punta su una finanza che vada verso il capitalismo responsabile, per finanziare attivamente la transizione ecologica e la riduzione delle disuguaglianze alla ricerca non tanto e solo della crescita ma piuttosto di prosperità. “Per noi non è una moda, è un modo diverso di vedere sia l’universo finanziario ma anche quello dell’economia reale”, chiosa.