Stabilità valutaria, banche centrali alla prova del nove

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Una delle cose che la banca centrale deve tenere in considerazione nel momento in cui svolge la politica monetaria è la stabilità valutaria. Le banche centrali, con l’aumento o la diminuzione dei tassi d’interesse possono influenzare l’andamento delle valute locali. Le banche centrali delle nazioni emergenti dovranno anche tenere conto della stabilità valutaria durante i tagli: “l’attuale forza del dollaro e l’aumento dei tassi statunitensi rappresentano un potenziale ostacolo, in particolare per i Paesi a basso tasso di interesse che non dispongono di un cuscinetto di carry sufficiente”, spiega Chris Kushlis, chief of China and Emerging Markets macro strategy, T. Rowe Price.

Un dollaro più debole

L'attività economica negli Stati Uniti dovrebbe rallentare nei prossimi mesi, ma questa volta il calo dell'inflazione potrebbe creare un panorama meno impegnativo per le azioni. “Il miglioramento del quadro inflazionistico riduce il rischio di recessione e offre alla Fed una maggiore flessibilità nella riduzione dei tassi di interesse”, spiega Tina Fong, strategist di Schroders. “Solitamente i tassi d'interesse di solito raggiungono il loro picco durante i rallentamenti e, in queste fasi, la Fed taglia i tassi o li mantiene invariati per la maggior parte del tempo.

Come fa notare Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, nel corso degli ultimi mesi, la posizione dominante del dollaro sui mercati finanziari globali, storicamente decisiva per il consolidamento dell’influenza degli Stati Uniti sul fronte geopolitico e monetario, è sembrata sul punto di vacillare. “Una crisi dovuta anzitutto all’ascesa di altre economie, in particolare Cina e India, che nel corso della recente conferenza dei BRICS a Johannesburg si sono fatte portavoce del progetto di creazione di una valuta comune, con l’obiettivo di ridurre la propria dipendenza dal dollaro. A complicare il quadro anche il deterioramento delle finanze degli Stati Uniti, destinato verosimilmente a peggiorare nel corso dei prossimi decenni. Quest’estate i rumors intorno a una possibile crisi del dollaro sono in realtà coincisi con un suo rafforzamento rispetto alle altre principali valute”.

US Dollar index

Fonte: Moneyfarm

Al momento i rendimenti dei Treasury Usa non sembrano particolarmente bassi rispetto, ad esempio, a quelli di Germania o Regno Unito, il dollaro non ha registrato un apprezzamento durevole nei confronti delle principali valute e il commercio globale ha già incontrato alcune difficoltà. “Potrebbe essere troppo presto per dichiarare la fine dell’egemonia del dollaro, ma forse stiamo già assistendo ad alcune delle sue conseguenze”.

Viceversa, secondo Mark Dowding, fixed income CIO, RBC BlueBay AM, anche l’aumento del prezzo del petrolio è motivo di preoccupazione. “I nostri incontri a Riyadh la scorsa settimana ci hanno suggerito che i sauditi sono soddisfatti del loro livello di controllo sull’OPEC e sui prezzi del petrolio e sono desiderosi di sostenere la recente forza dei prezzi. Inoltre, in un momento in cui la forza economica degli Stati Uniti continua a spingere il dollaro verso l’alto, questo movimento del petrolio sta avendo un impatto ancora maggiore sull’inflazione lontano dagli Stati Uniti”.

Dollaro e Yen

Nel bel mezzo del più rapido rialzo dei tassi di interesse da oltre vent’anni, la banca centrale giapponese svetta per anticonformismo. L’istituto monetario nipponico resta, infatti, l’unico al mondo ad avere ancora tassi di interesse a breve termine negativi dello 0,1%. “Lo yen continua infatti a perdere valore, in particolare nei confronti del dollaro americano, anche se per il momento questa debolezza aiuta ad incrementare le esportazioni dei manufatti nipponici e a creare quel fenomeno di importazione dell’inflazione attraverso i beni energetici”, spiega Giacomo Calef, country head Italia NS Partners.

JPY VS Euro

Fonte: Europa.eu