La prima tavola rotonda della manifestazione organizzata da FundsPeople a Milano ha visto il confronto fra tre fund selector e tre asset manager sui temi più urgenti della finanza in ambito sostenibile.
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La prima tavola rotonda della manifestazione organizzata da FundsPeople a Milano ha visto il confronto fra tre fund selector e tre asset manager sui temi più urgenti della finanza in ambito sostenibile.
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Il ruolo della Tassonomia nelle scelte degli asset manager, le criticità derivanti dall’assenza di dati e rating omogenei (che possono essere viste, secondo alcuni osservatori, anche come opportunità), la preminenza della E (environmental) e la necessità di dar luogo a un’analisi più focalizzata anche sul fattore S (social). I temi che hanno attraversato il confronto tra fund selector e asset manager nella prima tavola rotonda di FundsPeople International ESG, l'evento organizzata da FundsPeople a Milano lo scorso 24 gennaio, hanno preso le mosse dalle tematiche approfondite nell’inchiesta realizzata da FundsPeople tra fund selector e asset manager operanti in Italia, e hanno seguito un filo conduttore unico, ossia uno screening della finanza sostenibile alla luce di uno scenario in cui le imposizioni normative in sede europea si confrontano con le necessità del mercato, e si riflettono nell’operatività degli attori finanziari. In un panorama in cui proseguono le scosse di assestamento di un campo della finanza che guadagna sempre più centralità, l’industria del risparmio gestito fa fronte a esigenze sempre più sofisticate, consapevole della necessità di evolvere in questa direzione.
I commenti si riferiscono al contesto del 24 gennaio 2024.
La selezione dei fondi dal punto di vista della sostenibilità rimanda a un’analisi prevalentemente qualitativa, che scaturisce in una “valutazione dell’integrazione dei fattori ESG nel processo di investimento”, segue la verifica dell’impatto di questa integrazione a livello di portafoglio”. A tendere, sottolinea Nicola Tommasini, responsabile servizio analisi fondi, divisione multi-manager di Anima SGR, “questi elementi diventeranno sempre più centrali nella selezione di tutte le strategie, e non solo per i fondi focalizzati sulla sostenibilità”. Tuttavia emerge subito un elemento di criticità, collegato anche a un tema indagato nell’inchiesta condotta da FundsPeople e collegato all’assenza di omogeneità dei rating e dei dati ESG quale criticità più sentita dai professionisti finanziari (88% dei rispondenti). “Anche noi abbiamo un third-party provider per i rating ESG dei fondi terzi – afferma Tommasini – e integriamo le informazioni ricevute con valutazioni interne (relative alle politiche di esclusione, ai PAI e così via)”.
Tuttavia resta centrale l’importanza di parlare con il gestore, “capire l’approccio ESG delle varie strategie, ad esempio quali effetti ha l’attività di engagement sul portafoglio”. Inoltre, anche grazie a una maggiore lunghezza dei track record si assiste a un graduale miglioramento nella definizione delle varie tipologie di strategie legate alla sostenibilità. “Ad esempio in ambito global equity, le strategie esposte agli SDGs dell’Onu hanno determinati bias; le strategie che integrano i fattori ESG con un approccio best in class hanno altre caratteristiche e similitudini tra di loro; e anche le strategie net zero, lanciate negli ultimi anni, mostrano caratteristiche specifiche ed elementi comuni. Questa tendenza – afferma Tommasini – è positiva e spinge il lavoro di selezione nella giusta direzione”.
1/6Anche Stefania Zanini, fund e ESG analyst di Euromobiliare Advisory SIM riporta come la società abbia “integrato i criteri ESG sia nella governance societaria sia nel processo di investimento” e che, oltre a criteri di esclusione “si sia dotata di uno score ESG proprietario per la valutazione del profilo di sostenibilità sia di emittenti/emissioni sia di OICR/ETF”. Nel richiamare un dato emerso nella survey di FundsPeople relativo a come l'ambiente continui a dominare in modo massiccio le scelte di fund selector e gestori di portafoglio (40% delle risposte), l’esperta sottolinea il peso ancora laterale della S (social) “a lungo uno degli elementi meno considerati, nonostante il suo contributo sia cruciale tanto quanto la E e la G”. Tra le cause di questa ridotta notorietà dei fattori social, anche “la difficoltà nel reperire informazioni e la complessità nella misurazione, oltre alla mancanza di dati standardizzati”.
Tra le sfide che il settore si trova ad affrontare, dunque, anche la misurazione di questo fattore. “Su questo, il rilascio della Social Taxonomy potrà fornire una base di valutazione più standardizzata, aiutando quindi gli investitori a comprendere e analizzare meglio gli aspetti sociali delle aziende. Ritengo che anche la rivoluzione a cui stiamo assistendo a livello di AI e Big Data, possa dare un contributo positivo al riscatto della S, aiutando gli investitori nel valutare tutti questi aspetti in modo rapido ed efficiente”. Lo sguardo va poi allo scenario in cui si muove questa evoluzione. “Dal mio punto di vista - conclude Zanini – se pensiamo alla crescente sensibilità sulle tematiche sociali, in particolare da parte delle nuove generazioni, quali Millennials e GenZ, è ragionevole attendersi una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità sociale nell’ambito delle scelte di investimento”.
2/6Un altro risultato della survey approfondito nel corso della tavola rotonda ha riguardato il peso assegnato alle strategie attive in ambito di investimento ESG. In fase di selezione, in realtà, non interviene tanto una distinzione tra strategia attiva e strategia passiva. “Ciò che emerge, dal mio punto di vista, è più una differenza legata all’ampiezza dell’offerta e alle potenzialità sottese a un investimento attivo”, spiega Valeria Colombo, referente ESG di BancoPosta Fondi SGR, indicando che, da un lato, le strategie passive sono numericamente inferiori (sebbene negli ultimi anni siano aumentate anche alla luce delle indicazioni dei benchmark europei EU Climate Transition EU Paris-aligned) e, dall’altro, “nella parte attiva c’è più spazio per le strategie di transizione”. La riflessione di Colombo rimanda a una sorta di “barriera all’ingresso” presente nell’approccio passivo.
“In questi casi – afferma – si parte da un indice che ha dei riferimenti e uno status ESG di un certo livello, oltre all’indicazione di una progressione più stringente nella riduzione delle emissioni. Per questo motivo alcuni emittenti sono esclusi ex ante”. Nelle strategie attive, per contro, “esiste una maggiore possibilità per le aziende che ancora non si sono mosse e hanno maggiore bisogno di sostegno nella transizione, di essere accompagnate in questo percorso”. In conclusione, rimarca l’esperta, “nella gestione attiva c'è una maggiore ricerca e presenza di società non presenti negli indici climatici perché appunto sono già state escluse ex ante e che possono rappresentare un’opportunità ancora inespressa”.
3/6Il tema delle potenzialità insite nell’azione dell’asset manager si riflette nell’intervento di Leonardo Mercuri, sales manager professional investors di Robeco. Mercuri sottolinea come, “da un punto di vista ‘universale’, un investimento dovrebbe essere o sostenibile o non sostenibile. Nella pratica quello stesso investimento può essere sostenibile per una strategia ma non sostenibile per un'altra (a seconda dell'obiettivo di sostenibilità fissato dal prodotto)”. Richiamando ed estendendo la riflessione di Colombo, l’esperto riporta anche la presenza di “paradossi” che si creano “in società che definiamo internamente ‘transition candidates’, che non sono ad oggi propriamente sostenibili, ma che stanno investendo molto per poterlo diventare”. Lo scenario è complesso, afferma Mercuri, ma all’interno di questo scenario “crediamo che la Tassonomia Ue a tendere possa offrire una soluzione per definire degli standard comuni”.
In risposta alle criticità sollevate sul fronte dell’assenza di dati ESG omogenei, invece, Mercuri sottolinea la presenza di “una miriade di dati grezzi, che per poter essere utilizzati richiedono interpretazione e l'interpretazione spesso implica un certo grado di soggettività. Motivo per cui una totale convergenza tra i vari data provider è probabilmente impossibile da raggiungere”. La direzione che ha preso l’industria, certo, è quella di un consolidamento a livello di player che favorirà “una convergenza di dati. Questo potrebbe semplificare il nostro lavoro ma allo stesso tempo portare degli effetti collaterali”. La soluzione, secondo Mercuri, è “pensare alla carenza di omogeneità non solamente come un ostacolo, ma anche come un'opportunità”. Per questo motivo, afferma “in Robeco acquistiamo moltissimi dati da più fornitori, anche se poi utilizziamo un ‘data provider for choice’ per la costruzione del portafoglio e per la reportistica. Ogni punteggio ESG, o di sostenibilità, contiene informazioni diverse e il loro monitoraggio consente ai gestori di portafoglio di prendere decisioni di investimento più consapevoli”.
4/6Mitch Reznick, head of sustainable fixed income, Federated Hermes, approfondisce ulteriormente l’analisi sottolineando come le società selezionate dal suo team rappresentino gli elementi costitutivi delle strategie, “in termini sia di performance finanziaria sia di performance di sostenibilità”. In generale, afferma l’esperto, i nomi sono da ricercare “all’interno dello scenario in cui si sta muovendo il mondo”, e rimarca la consapevolezza di Federated Hermes: “Sappiamo che le risorse del pianeta si stanno esaurendo, a questo i governi stanno rispondendo con la regolamentazione, tale azione, combinata con un adeguamento della catena del valore da parte delle aziende e il cambiamento nelle preferenze dei consumatori, sta creando un mutamento strutturale dell’economia stessa”.
Per questo motivo, continua Reznick, la società ha realizzato “un quadro di riferimento che guarda al futuro e investe nelle aziende sia dal punto di vista finanziario sia da quello della sostenibilità”. L’esperto richiama poi il tema dell’assenza dei dati, vissuto come criticità rilevante da parte dei fund selector. “Da anni siamo consapevoli della mancanza di dati. Ora, grazie alla regolamentazione, la nozione di divulgazione è divenuta un elemento essenziale per tutte le aziende, che devono rispondere delle loro promesse”. Il manager ricorda come all’interno del team fixed income della società sia stato dedicato una squadra di “specialisti” della sostenibilità, che oltre a raccogliere i dati sono in grado di “costruire il profilo ESG” di una società. “Il modo in cui opereranno in futuro richiede competenze e passione speciali, per cui abbiamo creato un team globale con sede a Londra per accedere alle credenziali di sostenibilità delle aziende, assegnare loro un punteggio e contribuire a determinare quali nomi possiamo inserire nel nostro portafoglio”. Il percorso è lungo, conclude l’esperto, “è necessaria una valutazione qualitativa e servono persone che la facciano”.
5/6L’obiettivo di Allianz Global Investors è chiaro “in qualità di gestore attivo, per noi è fondamentale fornire una gamma diversificata di soluzioni d'investimento innovative nel campo della sostenibilità, in modo da far crescere il business e contribuire a un futuro sostenibile a basse emissioni di carbonio”. A sottolineare il tema è Adrien Vannier, sustainability strategist della società, che insiste sul termine ‘diversificazione’ in quanto “il concetto di opportunità di investimento sostenibile in senso ampio risponde a realtà molto diverse tra loro, tanto che sarebbe opportuno distinguere tra footprint, riferita alla sostenibilità delle attività di un’azienda, e handprint, ossia la misura del contributo che la stessa azienda può fornire su ambiente e società attraverso i suoi prodotti e servizi”.
Vannier ricorda come non sia sempre possibile “ottimizzare entrambe le posizioni allo stesso tempo, mantenendo un giusto livello di diversificazione”. Questo perché gli investitori possono trovarsi, ad esempio, di fronte a un’azienda che ha un’elevata impronta di carbonio per quanto riguarda le sue operazioni, ma al tempo stesso una quota relativamente alta dei propri ricavi allineata alla Tassonomia dell’Unione europea”. In questo contesto, come AllianzGI, “anni fa abbiamo definito tre priorità strategiche che guidano la nostra ricerca, la stewardship e lo sviluppo dei prodotti. Si tratta di tre temi fondamentali: cambiamento climatico, confini planetari (planetary boundaries) e capitalismo inclusivo”. Questo approccio, che Vannier definisce ‘olistico’, risponde alle richieste avanzate in sede europea (“i sei obiettivi climatici indicati dalla Tassonomia Ue) e, “in particolare i primi due temi ci permettono di cogliere diversi obiettivi ambientali, come l’efficienza energetica, la decarbonizzazione e la conservazione della biodiversità”.
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