Nel 2013 Jim Cramer ha coniato il termine “FANG” con riferimento a Facebook, Amazon, Netflix e Google, le quattro aziende tecnologiche che trainavano il rialzo dell’S&P 500. Quattro anni dopo, nel 2017, anche Apple ha fatto il suo ingresso in questo circolo esclusivo, che è stato ribattezzato “FAANG”. Negli ultimi mesi gli operatori del settore finanziario parlano sempre più spesso dei magnifici sette (“Magnificent 7” in inglese).
In questa voce del Glossario FundsPeople spieghiamo chi sono e come si sono conquistati un posto in questa rinomata élite.
Chi sono i magnifici sette?
È stato Michael Hartnett, analista di Bank of America, a soprannominare così i titoli di sette aziende statunitensi accomunate dalla forte componente tecnologica e dalla netta esposizione all’astro nascente dell’intelligenza artificiale. Stiamo parlando di Apple, Microsoft, Meta (Facebook), Amazon, Alphabet (Google), NVIDIA e Tesla.
Analogie e differenze dei magnifici sette
La percezione comune è che queste sette aziende facciano tutte parte del settore tecnologico, ma per alcune di loro la principale fonte di reddito non è la tecnologia. In realtà, solo tre di queste società appartengono al settore tecnologico: NVIDIA, Microsoft e Apple. Amazon e Tesla fanno parte dei beni di consumo discrezionali, mentre Alphabet e Meta sono catalogate nel settore comunicazione e servizi e generano la maggior parte dei loro ricavi dalla pubblicità.
Ma i magnifici sette hanno anche diversi punti in comune, in particolare l’elevata esposizione ai trend tecnologici. “Tutte queste aziende sono esposte in modo diverso a tendenze di lungo periodo come la rapida evoluzione delle applicazioni di intelligenza artificiale, la realtà virtuale e aumentata, i veicoli a guida autonoma e così via”, spiega Steve Fox, senior client analytics manager di Capital Group.
Perché sono così importanti?
Negli ultimi anni si è parlato tanto dell’eccessiva dipendenza dell’S&P 500 da un numero molto ridotto di azioni. L’indice comprende ben 500 società quotate negli Stati Uniti, ma da qualche anno la sua evoluzione è determinata quasi esclusivamente dall’andamento dei titoli tecnologici.
In particolare, la performance registrata dal mercato nel 2023 è ascrivibile pressoché interamente ai magnifici sette. “L’anno scorso l’S&P 500 è stato tenuto a galla solo da sette società: gli utili registrati dall’indice sono ascrivibili in larga misura ad Apple, Meta, Microsoft, NVIDIA, Amazon, Alphabet e Tesla”, affermano gli esperti di Capital Group. Basta guardare ai dati sul rendimento a breve termine. Ad esempio, nell’anno che si è appena concluso Apple ha guadagnato il 48%, Meta il 194%, Microsoft il 57%, NVIDIA il 239%, Amazon l’81%, Alphabet il 58% e Tesla il 102 per cento. Grazie a queste performance, l’S&P 500 ha chiuso il 2023 con un rialzo del 24 per cento. I rendimenti a più lungo termine mostrano una dinamica simile, come mostra l’analisi di Visual Capitalist.
Quanto pesano e quanto apportano all’S&P 500?
L’impatto che i magnifici sette hanno sull’indice S&P 500 è dovuto alla loro ponderazione complessiva, che raggiunge il 27 per cento. Per di più, i forti rialzi che registrano questi titoli contribuiscono ad alimentare ulteriormente l’eccessiva concentrazione dell’indice. “L’aumento delle quotazioni fa salire la capitalizzazione di borsa e può innescare un ribilanciamento dei listini, che a sua volta favorisce l’afflusso di capitali verso queste società quando milioni di investitori in fondi passivi effettuano i loro versamenti periodici nell’ambito dei piani a contribuzione definita, creando così un circolo che si autoalimenta”, precisano gli specialisti di Capital Group. Come illustra la società di gestione, a fronte di un peso complessivo nell’S&P 500 del 27%, nel primo semestre del 2023 i magnifici sette hanno dato un contributo del 74% al rendimento dell’indice.
Il problema dell’elevata concentrazione non riguarda solo l’S&P 500, ma comporta anche un aumento della concentrazione del mercato azionario globale, che vede salire costantemente la ponderazione degli Stati Uniti. Secondo i dati di Bank of America, infatti, la quota del mercato azionario mondiale che corrisponde ai titoli statunitensi si attesta oggi a un massimo storico del 63%, quasi esclusivamente a causa del rialzo registrato dai magnifici sette nel 2023.