Il rilancio dei PIR sostiene small e mid cap italiane (ma resta la pressione nel breve termine)

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Sen (Unsplash)

Il 2021 si è rivelato l’anno di rilancio dei Piani individuali di risparmio (PIR). Lo ha confermato anche la recente mappa mensile di Assogestioni che, nell’analisi sul quarto trimestre, ha indicato una raccolta netta vicino ai 380 milioni di euro per i PIR ordinari, classificando 68 prodotti (tra pre-esistenti e di nuova istituzione) e un patrimonio complessivo che sfiora i 21,2 miliardi. Nel quarto trimestre 2021 si è assistito dunque a un’accelerazione nella raccolta netta di questi prodotti, rispetto al 2Q (+106 milioni) e al 3Q (+155 milioni) che hanno seguito tre trimestri di deflussi.

Un altro dato presente nella mappa trimestrale del risparmio gestito è quello relativo ai PIR alternativi, per cui Assogestioni classifica 16 prodotti per un patrimonio pari a 1,7 miliardi.

L’impatto sul finanziamento delle mid/small cap italiane

Gli afflussi in direzione dei piani individuali di risparmio, collimano con una spinta agli investimenti in economia reale e con un supporto dei risparmiatori a quella enorme fetta di small e mid cap che compone il panorama italiano. Secondo il team di ricerca di Intermonte sono proprio i PIR a supportare le mid/small che, tuttavia, “rimangono sotto pressione nel breve termine”, con un mercato azionario italiano sceso del 2,1% nell'ultimo mese e dell'1,9% nell’anno. Gli analisti sottolineano come inflazione e reazioni delle banche centrali restino il driver principale che spiega la performance dei mercati, “prolungando la pressione sui titoli growth e quindi sulle mid-cap”. Tra i timori del mercato, quello che le stesse banche centrali “siano in ritardo sul controllo dell’inflazione, riflettendo forse un potenziale errore di politica monetaria che potrebbe condurre a una recessione”, preoccupazione che Intermonte ritiene prematura:  “Ci aspettiamo che le banche centrali rimangano flessibili e che, nel corso dei prossimi mesi, riconsiderino i recenti annunci più restrittivi per rinnovare il loro sostegno alla crescita economica attraverso politiche monetarie più dovish”.

Per quanto riguarda le mid/small cap italiane, “continuiamo a credere che il value vs growth non abbia senso se questo significa passare da titoli di qualità superiore a titoli di qualità inferiore. I titoli italiani di alta qualità possono essere scambiati a multipli considerabili elevati, ma non molto lontani dal livello di supporto fondamentale”. Inoltre tra poco il mercato conoscerà i dati 2021 delle PMI, per cui “una maggiore visibilità sulla direzione degli utili dovrebbe rassicurare gli investitori nell'attuale contesto di incertezza”. Dato lo scenario geopolitico, infine, questi attori mostrano “un'esposizione diretta trascurabile all'Ucraina o alla Russia”, anche se un conflitto “sarebbe un fattore negativo in termini di volatilità e liquidità”.

Le attese per i PIR tradizionali

In riferimento al rinnovato slancio dei prodotti PIR, il team di ricerca di Intermonte sottolinea che “gli afflussi totali nel 2021 hanno raggiunto i 323 milioni, cifra vicina alla nostra stima”. Nella prospettiva di lungo termine, secondo gli analisti l'interesse per i PIR rimarrà “abbastanza elevato grazie al vantaggio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto che possa contare sull'impegno a lungo termine dell'investitore”. Un altro elemento arriva dal posizionamento favorevole della classe azionaria medio/piccola nel 2022 “il che dovrebbe tradursi anche in maggiori sforzi commerciali e distributivi da parte delle case di investimento”. Alla luce di queste riflessioni Intermonte assume, per il 2022, “una raccolta lorda da nuovi sottoscrittori PIR di 1,8 miliardi di euro (in calo rispetto a 2,4 miliardi di euro).  Per quanti sottoscrivono PIR in modo continuativo, invece gli analisti prevedono che “la raccolta complessiva nel secondo anno ammonterà a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello)”; e nei restanti anni (dal terzo al quinto anno) “una raccolta stabile, pari in media al 60% degli investimenti effettuati nel secondo anno”. Infine, l'importo del capitale che verrà prelevato dagli investitori che decideranno (per qualsiasi motivo) di uscire dal fondo prima del limite di cinque anni dovrebbe ammontare “a circa il 4% del patrimonio in gestione nel 2021 e oltre”.

E quelle per i PIR alternativi

Sul fronte PIR alternativi, Intermonte sottolinea come diversi asset manager italiani abbiano lanciato i loro nuovi fondi, per lo più ELTIF. “Sulla base delle nostre aspettative per gli ELTIF, prevediamo afflussi di 300 milioni nel 2020, 1,5 miliardi nel 2021 e 1,8 miliardi nel 2022, raggiungendo così un AuM cumulativo di 3,6 miliardi entro YE22. Per il momento – conclude Intermonte –, le nostre stime sono più prudenti rispetto alle previsioni di Assogestioni per questo prodotto, che prevede afflussi compresi tra 3 e 5 miliardi di euro all'anno”.