Una vasta platea di investitori potrebbe portare nuova linfa all’industria della gestione passiva grazie alle piattaforme di distribuzione digitali. Si tratta del segmento retail, che secondo i dati di extraETF, in Germania, vanta masse per circa 100 miliardi di euro all’interno dei portafogli in ETF presso i broker online. In Italia l’intero mercato della gestione passiva, retail e non, si aggira intorno ai 110 miliardi. Ma il caso tedesco è davvero replicabile in Italia? Ne abbiamo parlato in una tavola rotonda organizzata con i protagonisti dell’industria.
La crescita del mercato retail in Italia passa anche dalla digitalizzazione
“Numeri particolarmente interessanti, soprattutto se consideriamo che cinque anni fa i portafogli retail in ETF valevano in Germania meno di 20 miliardi, e che il numero di piani d'accumulo, i PAC, è passato da circa 600mila a 4 milioni”, spiega Clino Papa, Xtrackers Sales di Dws. Una storia di successo resa possibile dallo sviluppo di un contesto favorevole agli ETF, alimentato dalla generale riduzione dei costi di negoziazione e da una migliore alfabetizzazione finanziaria. “Riteniamo che il caso tedesco sia replicabile in Italia, poiché alcune di queste dinamiche sono già in atto grazie alle iniziative in crescita delle piattaforme di educazione finanziaria e all’offerta di servizi di negoziazione sempre più competitivi”. Centrale anche la figura del consulente finanziario, che Xtrackers auspica possa ricoprire un ruolo cruciale in questa espansione. “Non solo quella del consulente autonomo, che predilige strumenti a basso costo, ma anche delle reti, dove il modello fee-only sta diventando sempre più diffuso”.
1/4C’è un fattore però che ha accelerato il processo di avvicinamento degli investitori retail agli investimenti in generale e ai prodotti passivi nello specifico. “La digitalizzazione ha cambiato, oltre al modo di accedere al mercato, anche il modo di informarsi sul mondo degli investimenti e sui suoi strumenti”, chiarisce Simone Di Biase, head of Relationship Management e sales di BG SAXO. Questo vale sia per i clienti che già prima del Covid erano digitalmente evoluti ma anche per chi era abituato ad appoggiarsi interamente a un consulente e adesso vuole provare a “muoversi in autonomia”. Tra mercato retail europeo e quello degli Stati Uniti oggi c’è una differenza marcata, quello americano è grande oltre cinque volte il nostro. “L'investitore statunitense ha sicuramente una propensione maggiore all'utilizzo di strumenti di investimento digitali e alla diversificazione”, prosegue Di Biase. “La buona notizia è che il margine di crescita è importante. Starà agli emittenti creare la giusta offerta e a noi istituti avere la proposition corretta per intercettare queste opportunità”.
2/4Conferma la view positiva anche Giorgia Delmastro, head of Business Development di Directa SIM, che oltre alla digitalizzazione indica un altro catalizzatore di questa crescita: “Durante la pandemia, i risparmiatori, ritrovatisi chiusi in casa con maggiori capacità di spesa, hanno iniziato a considerare con favore di operare autonomamente sui mercati, online. La crescita del segmento retail si vede non solo sul mercato degli ETF ma anche sul mercato azionario, ad esempio, o nei collocamenti di BTP. Queste sono tutte manifestazioni del crescente interesse dei risparmiatori all’investimento”.
3/4Ma in che modo, in concreto, gli investitori si muovono sulle piattaforme? Secondo Emanuele Agueci, Regional manager Italy, Ireland & Baltics di Trade Republic Bank, molto dipende dall’età. “Vediamo approcci diversi da parte di diverse generazioni, e l’outlook positivo del segmento investitori retail è giustificato principalmente dal comportamento delle generazioni più giovani”. Da un sondaggio svolto su circa 40mila investitori in sei Paesi, che Trade Republic ha realizzato in collaborazione con l’agenzia di ricerca Censuswide, risulta che le generazioni più giovani, come i nati tra gli inizi e la metà degli anni degli anni ‘90, ma anche la generazione Z, quindi i nati intorno al 2000, siano più proattive nella gestione e pianificazione finanziaria rispetto alle precedenti. “Si tratta di un’esigenza, perché si confrontano con incertezza sul mercato del lavoro, mercato immobiliare con prezzi ai massimi e instabilità economica in generale”, prosegue Agueci. “Questi investitori hanno una certa sofisticatezza nella comprensione degli strumenti di investimento, che spesso supera quella dei propri genitori”. Gli intervistati di queste fasce di età comprendono meglio gli investimenti rispetto alla media degli investitori. Il problema non è quindi tanto una bassa educazione finanziaria o una mancata comprensione di questi topic. “Il blocco appare essere la mancanza di risorse finanziarie e una tendenziale avversione al rischio. Infine le generazioni più giovani premiano la trasparenza e i brand che rappresentano dei trusted partners ai loro occhi”.
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