L'indicizzazione amplia lo scollamento tra valutazioni e fondamentali

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Maxim Hopman, (Unsplash)

Storicamente il sistema capitalistico si è dimostrato il mezzo più efficiente per la distribuzione delle risorse. Tuttavia, ha bisogno che le forze di mercato siano libere di agire per fornire segnali di prezzo corretti. Quando questi segnali vengono distorti, sorgono i problemi. Uno dei fattori che secondo Robert M. Almeida, Portfolio Manager e Global Investment Strategist di MFS IM, ha contribuito allo scollamento tra le valutazioni e i fondamentali è l'indicizzazione.  

Un sistema complesso e adattivo

“Il capitalismo necessita di continui segnali di prezzo per poter allocare efficientemente le risorse”, spiega l’esperto. “Sono questi segnali a contribuire all'equilibrio tra le forze di mercato naturali, ossia l'offerta e la domanda, che agiscono praticamente su tutto – dal prezzo della gomma da masticare al prezzo delle automobili, dal costo del denaro ai prezzi delle azioni e delle obbligazioni”, argomenta. “La società – consumatori, imprenditori, investitori – aggiusta continuamente il suo comportamento in base alle variazioni dei prezzi. In questo senso gli economisti parlano di ‘sistema complesso e adattivo’. È complesso perché ogni giorno centinaia di milioni di persone fanno diverse decine di scelte. È adattivo perché le variazioni dei prezzi determinano cambiamenti nel loro comportamento”, dice Almeida. “Inoltre, dato che gli esseri umani hanno emozioni e pregiudizi inconsci, a volte le nostre scelte si basano semplicemente sul comportamento altrui e ciò altera quella che altrimenti potrebbe essere una decisione razionale. L'effetto combinato della complessità e dell'adattabilità del capitalismo porta spesso a risultati radicali e sorprendenti”, analizza.

"Dal 2008 il capitalismo si è inceppato"

Il professionista di MFS IM torna al 2008, un anno chiave, in cui le autorità mondiali in risposta alla crisi finanziaria globale hanno deciso di ridurre i tassi d'interesse e iniettare capitale negli istituti finanziari. “I tassi sono stati soppressi e portati su livelli storicamente innaturali per più di dieci anni, mentre la velocità di circolazione della moneta è calata e i rischi di deflazione sono fortemente aumentati”, dice Almeida.

“Tuttavia, è bene ricordare che i tassi d'interesse rappresentano il prezzo del tempo e il costo del capitale. I tassi sono il primo scoglio da superare in ogni decisione di allocazione del capitale. Eppure il loro prezzo non era funzione della domanda e dell'offerta naturale”, dice. “Anni e anni di squilibrio dei tassi d'interesse hanno inceppato il processo di formazione dei prezzi proprio del capitalismo. Ma anche se non abbiamo ancora apportato le dovute correzioni all'economia e ai mercati finanziari, questo non significa che non lo faremo”, continua.  

Secondo Almenida la socializzazione delle minusvalenze all'indomani della crisi finanziaria del 2008 ha spalancato le porte a una crescita massiccia dell'indicizzazione. “Gli investitori sono disposti a pagare una commissione in cambio della capacità dei gestori attivi di contenere i loro ribassi, ma non vedono perché farlo quando i banchieri centrali fanno tutto il lavoro al posto loro”, argomenta il gestore. “Tuttavia, oggi che i veicoli passivi rappresentano oltre la metà degli attivi investibili e una grossa fetta del capitale d'investimento incrementale, le inefficienze non fanno che aumentare”, argomenta.  

L'indicizzazione esacerba l’accumulo delle inefficienze

“Quando non sono azzoppati da tassi d'interesse soppressi, i mercati finanziari indirizzano il denaro verso le imprese con le migliori prospettive in termini di rendimento sul capitale corretto per il rischio e lo allontanano da quelle più deboli”, continua. “Questa è la selezione naturale secondo Wall Street, ed è il capitalismo all'opera”, dice. “Ma non è ciò che sta accadendo oggi. Gran parte del capitale viene allocata in base alla capitalizzazione di mercato e non alle opportunità che possono offrire i rendimenti corretti per il rischio più elevati. L'indicizzazione equivale a investire in base allo slancio del momento, che esacerba l'accumulo delle inefficienze dell'economia e dei mercati finanziari, eredità degli anni Dieci e degli stimoli pandemici”, continua. “È vero: alcuni dei maggiori costituenti degli indici sono aziende ad alto rendimento. Ma ciò non significa che non siano selvaggiamente sopravvalutati a causa del nuovo impianto della finanza e del crescente scollamento tra prezzo e fondamentali. Il punto forse ancora più importante è che molte delle aziende che attraggono più capitali sono fortemente esposte al rischio di obsolescenza dovuto all'intelligenza artificiale”, conclude.