Si tratta di un settore che soffre un forte ridimensionamento, vittima della rivoluzione digitale che sta sconvolgendo il mercato dei servizi. La parola d’ordine per sopravvivere è reinventarsi.
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Quello delle SIM è un mondo molto variegato. Istituite nel 1991 e successivamente riformate nel 1996 dal decreto Eurosim, le società di intermediazione mobiliare trovano il loro assetto definitivo nel 1998 con l’approvazione del Testo unico della finanza.
Le SIM sono sottoposte alla duplice vigilanza della Banca d’Italia e della Consob e sono definite come quelle imprese, con sede legale e direzione generale in Italia, diverse dalle banche e dagli intermediari finanziari, autorizzate a svolgere i servizi di investimento a terzi, anche cittadini privati, e altre attività finanziarie, insieme a servizi connessi e attività strumentali.
Nel corso degli anni le SIM hanno radicalmente cambiato pelle. Nate in sostituzione dei vecchi agenti di cambio, all’inizio erano dei poli funzionali che facevano principalmente l’attività di raccolta ordini e negoziazione. Oggi, con i mercati in costante evoluzione, le SIM stanno orientando sempre più i propri servizi verso il risparmio delle famiglie soprattutto con l’attività di consulenza, collocamento e gestione patrimoniale.
Stando ai dati di Assosim, infatti, le SIM svolgono principalmente l’attività di consulenza (57%), collocamento (45%), gestione patrimoniale (33%) raccolta e trasferimento di ordini di acquisto e vendita (36%), esecuzione di ordini (19%), negoziazione per conto proprio (14%) e gestione MTF (3%).
La sfida
“Il loro core business è diventato questo. L’unica attività che ha reso negli ultimi anni è quella di collocamento dei prodotti associata alla consulenza”, spiega Michele Calzolari, presidente di Assosim. “Questo aspetto è interessante in quanto è uno dei nodi centrali della MiFID II.
Per le SIM la vera sfida in questo ambito è dimostrare di fare davvero consulenza attiva per poter continuare ad utilizzare questo modello di business e sopravvivere (in particolare le società più piccole) in un settore che sta vivendo una forte concentrazione”. Il numero delle SIM negli anni si è ridotto drasticamente a causa principalmente di due fattori: i costi della vigilanza, che sono aumentati moltissimo, e il crollo dei margini derivanti dalle commissioni di intermediazione a seguito dell’arrivo sul mercato di molte piattaforme online, oltre agli stringenti vincoli patrimoniali.
“Le realtà piccole fanno fatica a sbarcare il lunario, la Banca d’Italia ha uno sguardo molto severo nei confronti delle SIM soprattutto di minori dimensioni, per le quali ritengo non ci siano buone prospettive di sopravvivenza”, sottolinea Calzolari che aggiunge un ulteriore elemento di difficoltà: “L’Italia è ancora un Paese molto bancocentrico, quindi per le SIM la scommessa è di riuscire a differenziare l’offerta dimostrando di avere un servizio tailor made più qualificato rispetto al quello massificato degli sportelli”.
Reinventarsi
Le SIM per sopravvivere devono reinventarsi. Sono molte le iniziative che, sull’onda della rivoluzione digitale che sta sconvolgendo il mercato dei servizi, stanno cambiando l’industria della gestione del risparmio. Il modello che prevarrà nel futuro sarà quello ibrido, ovvero quello che integra le tecnologie e il fattore umano. I vantaggi di questa formula sono innanzitutto il taglio dei costi, ma anche l’indipendenza e la trasparenza del servizio che viene offerto.
Ci sono poi molte società che hanno deciso di intraprendere una nuova strada. Quando il legislatore italiano ha sviluppato il progetto dell’albo dei consulenti che possono svolgere l’attività di consulenza su base indipendente, “un numero di società costituite in principio come SIM ha rinunciato (in accordo con la Consob) all’autorizzazione ad essere società di intermediazione per trasformarsi in società di consulenza finanziaria (SCF)”, spiega Massimo Scolari presidente di Ascosim.
L’albo partirà a dicembre di quest’anno, quindi “siamo un po’ in mezzo al guado”, spiega il manager “perché molte di queste società sono già operative ma non risultano iscritte in quanto l’albo non ha ancora avviato la propria attività”. Il futuro dei servizi di investimento in Italia è a luci ed ombre. È in atto un processo di consolidamento e rimarranno in piedi solo poche SIM. Il breakevent point per l’esistenza di una SIM si è elevato. Rimarranno in attività quelle società che svolgono l’attività di consulenza per gli investitori istituzionali, perché la consulenza alla clientela retail ha delle complicazioni organizzative e di compliance che rendono conveniente l’attività di consulenza solo ad un volume molto elevato. Molte società hanno optato per questo motivo per la forma ‘più leggera’ della SCF”, conclude Scolari.
ELENCO DELLE SIM CHE OPERANO IN ITALIA
Fonte: Albo delle SIM tenuto dalla Consob. (*) con le seguenti limitazioni operative: senza detenzione, neanche temporanea, delle disponibilità liquide e degli strumenti finanziari della clientela e senza assunzione di rischi da parte della società stessa (Delibera d’iscrizione n. 19490 del 20/01/2016).