Strategie di selezione in tempi di incertezza

I fund selector valutano il profilo di rischio dell'investitore, conducono ricerche approfondite per identificare una gamma di opzioni di investimento, esaminano le performance storiche degli strumenti di investimento considerati e - una volta selezionate le migliori strategie - seguono da vicino il loro andamento nel tempo, per accertarsi che risultino vincenti anche al variare delle normative e condizioni di mercato. Un lavoro impegnativo, che si confronta con uno scenario sfidante, specie se si considerano i comparti a maggiore densità di strumenti. “L’azionario globale è uno dei settori di maggiori dimensioni in termini di strategie disponibili per gli investitori (geografiche, di stile, più o meno concentrate)”, commenta Gabriele Montalbetti, responsabile ufficio investimenti Consultinvest AM SGR. “Per procedere alla selezione - prosegue -, innanzitutto scomponiamo il peer group in base allo stile di investimento (growth, value, blend) e poi suddividiamo ogni categoria in base al tracking error rispetto all’indice di riferimento per quel peer group. Una volta effettuata questa prima segmentazione analizziamo una serie di indicatori specifici all’interno di ogni peer group, soprattutto per capire come si è comportato in passato il gestore in varie condizioni di mercato. Normalmente cerchiamo di avere sia fondi diversificati che gestori globali concentrati, perché altrimenti si corre il rischio di essere troppo allineati al benchmark. Per quanto riguarda le strategie concentrate, non dimentichiamo che anche con 50 titoli si può avere comunque una adeguata diversificazione e quindi, se costruite correttamente, non costituiscono necessariamente una scommessa troppo forte rispetto agli indici di mercato. In questo caso è necessario prestare particolare attenzione alla capitalizzazione e quindi alla liquidità dei titoli utilizzati, per evitare di esporsi a strategie che utilizzano titoli poco liquidi. È altrettanto importante essere consapevoli se ci sono forti sovra o sotto esposizioni settoriali”.

Il percorso di analisi di un fund selector prevede molteplici fasi. “Analizziamo i track record delle strategie attraverso l’utilizzo di molteplici analisi e metriche, volte a valutarne il rispettivo profilo di rischio, rendimento ed efficienza. Applichiamo inoltre un robusto screening quantitativo: ad esempio, preferiamo le strategie con un track record di almeno cinque anni, ma allo stesso tempo teniamo monitorati anche i nuovi fondi disponibili sul mercato, così da ampliare il peer group di riferimento ed aggiornare il nostro database proprietario”, afferma Stefano Anesi, senior analyst del team di Investment Oversights di Quaestio Capital SGR. “L’utilizzo di questi strumenti ci aiuta a comprendere nel dettaglio lo stile d’investimento del gestore in diversi scenari di mercato e la sua inclinazione ‘aggressiva’ o ‘difensiva’ all’approccio di investimento: l’utilizzo dell’upside/downside capture ratio ne è un esempio”, prosegue l’esperto. “Infine, ulteriori elementi di particolare importanza sono dati dall’analisi fattoriale, ovvero comprendere quei fattori specifici che hanno contribuito alle performance, e dalla valutazione della persistenza del gestore - rispetto ai peers - nell’ottenimento dei risultati. Per quanto riguarda la concentrazione, è bene precisare che attuiamo innanzitutto un’ampia diversificazione a livello dei singoli comparti. Pertanto, qualora volessimo inserire nella nostra piattaforma multi-manager una strategia azionaria globale, andremmo a ricercare un gestore caratterizzato da un approccio ‘attivo’, con un portafoglio concentrato, tipicamente composto da 40-50 holdings, e tracking error tendenzialmente maggiore rispetto ai peers più passivi e ‘benchmark oriented’”, conclude Anesi.

“Il nostro approccio si basa su una stretta collaborazione e sinergia tra portfolio manager da un lato analisti azionari, obbligazionari e fund selector dall’altro”, sottolinea invece Paolo Schiavini, portfolio manager di Euromobiliare Advisory SIM. “Per selezionare le srtrategie con la migliore persistenza adottiamo un processo quantitativo oltre che un’analisi qualitativa. La parte quantitativa tiene conto di variabili di performance calcolate su periodi fissi ma analizzate anche in particolari fasi del mercato, affiancate a metriche di rischio e di efficienza di portafoglio. L’analisi qualitativa si concentra prevalentemente sulla qualità del team di gestione e del processo di investimento delle strategie, la coerenza tra obiettivi dichiarati e risultati ottenuti e una approfondita analisi di portafoglio. Anche in questo caso l’integrazione dei fattori di sostenibilità, integra e completa l’analisi, apportando un ulteriore filtro di qualità alla selezione”, continua Schiavini, ricordando che “mai come oggi parlare di diversificazione diventa attuale, in un anno in cui il mercato, in particolare quello americano, è cresciuto sulla base di pochissimi titoli ad elevatissima capitalizzazione. È chiaro che quello della teconologia è un trend molto forte, ma è altrettanto vero che una dislocazione e una divergenza così ampia nella performance di settori e stili di investimento, non sarà sostenibile per sempre. In questo senso, selezionare strategie attive, ma anche passive, che adottino degli approcci o dei cap di diversificazione, può risultare molto interessante in ottica di performance prospettiche”.

Il processo di selezione è difficile per quanto riguarda comparti più ‘tradizionali’ come quello azionario o obbligazionario, ma si complica ulteriormente quando ci si approccia a asset class quali i mercati privati quotati. Vi sono in generale diversi vantaggi. “La liquidità e la trasparenza sono senz’altro due dei maggiori benefici del private equity quotato”, sostiene Michael Daffinà, Institutional Investors & Pension Fund manager di Arca Fondi SGR. “Questi strumenti offrono liquidità giornaliera, ovvero possono essere negoziati in qualsiasi giorno di apertura del mercato, e si tratta di una differenza sostanziale rispetto al private equity tradizionale, che prevede periodi di lock-up della durata media di dieci anni. Inoltre, in quanto strumenti quotati in Borsa, devono ottemperare a obblighi di informativa più stringenti, che assicurano una maggiore trasparenza. Per questo motivo possono essere utilizzati anche dagli investitori che vogliono iniziare ad assumere un’esposizione a questo segmento”, continua il manager. Per selezionare le migliori opportunità “attuiamo un approccio strutturato che tiene conto di diversi fattori. Anche se sappiamo che le performance passate non sono indicative di quelle future, ci interessa analizzare il track record di una strategia di investimento per sapere come si è comportata in passato, magari nelle fasi di turbolenza e prendere una decisione informata. Esaminiamo inoltre la capacità dei gestori di individuare e cogliere nuove opportunità di investimento e valutiamo il grado di allineamento tra gli interessi dei gestori e quelli degli investitori. Infine, confrontiamo i fondamentali di un prodotto candidato all’investimento con quelli di altri fondi per scegliere quello che si inserisce meglio nel Fondo Pensione Arca Previdenza”, conclude Daffinà.

Il private equity quotato “può offrire un’esposizione all’asset class dei mercati privati, con la differenza fondamentale che si tratta di investimenti liquidi”, è d’accordo Simone Hirschvogl, portfolio manager degli investimenti Listed Private Equity di SEB Asset Management. “Di solito il problema principale del private equity tradizionale è che richiede un investimento minimo di entità molto elevata. Inoltre, bisogna tenere presente che il capitale impegnato nei fondi di private equity è vincolato per almeno dieci anni e la durata media dei fondi sta aumentando: gli investimenti diretti nel private equity non sono quindi alla portata di tutti. D’altro canto, i mercati privati hanno registrato una netta sovra performance rispetto ai mercati azionari, con un rendimento medio dell’11% a lungo termine contro il 6-8 per cento. Ma i gestori di private equity più brillanti riescono a registrare rendimenti netti di oltre il 15%, come nel caso del nostro fondo. La nostra strategia offre accesso a rendimenti molto interessanti, senza rinunciare alla liquidità. Un altro aspetto cruciale è la trasparenza: dato che le posizioni sottostanti sono tutte quotate, i loro prezzi vengono determinati dai meccanismi di mercato. Gli investitori hanno accesso in qualsiasi momento alla composizione del portafoglio e alle quotazioni delle singole posizioni e possono negoziare le quote del fondo su base giornaliera”, evidenzia la manager di SEB AM.