Tensioni in Medio Oriente. Ecco la reazione dei mercati all'attacco dell'Iran a Israele

Volatilità sui mercati e rivolgimenti geopolitici. Un binomio che non sorprende gli addetti ai lavori e gli investitori. Negli scorsi giorni si è verificata la risposta iraniana dopo l’attacco israeliano all’ambasciata di Teheran a Damasco. Sebbene l'Iran derubrichi la questione come ormai conclusa non è possibile escludere ulteriori escalation. Sotto la lente il settore energetico a livello globale e potenziali sanzioni contro le esportazioni di petrolio iraniano.

"I timori di un conflitto regionale molto più ampio in Medio Oriente hanno influenzato solo in parte il clima di fiducia dei mercati. Crediamo che l’eventuale risposta di Israele possa coinvolgere solo i proxy iraniani (Hezbollah) ma non un’escalation del conflitto con un attacco diretto a Teheran. Sui mercati abbiamo assistito solamente a qualche operazione di “flight to safety” verso il dollaro ma non verso le altre valute rifugio come franco svizzero e yen giapponese", dice Filippo Diodovich, Senior Market strategist di IG Italia.

Secondo Vincent Chaigneau, head of Research di Generali Investments le crisi geopolitiche tendono a avere un impatto di breve durata sui mercati. "Il nostro scenario centrale è che l'attacco "senza precedenti" ma "calibrato" non porterà a una brusca escalation, tuttavia, la reazione di Israele è incerta e lo stress regionale intenso. Tutto ciò avviene in un contesto di affaticamento del rally degli asset di rischio (e di un aumento dei volumi degli asset di rischio, in particolare del credito) da fine marzo, e in un quadro di prolungamento del rally del prezzo del petrolio da 4 mesi", commenta. 

Oro nero e materie prime

Un elemento che merita attenzione è iI prezzo del petrolio, crollato durante poiché il rischio di ritorsioni iraniane era già stato scontato la scorsa settimana (soprattutto venerdì). "Sebbene gli Stati Uniti abbiano dichiarato che non prenderanno parte a una controffensiva contro l’Iran, l’indice di volatilità rimane vicino ai massimi di cinque mesi, riflettendo un certo nervosismo del mercato. Eventuali ulteriori aumenti del prezzo del petrolio potrebbero aumentare le pressioni inflazionistiche, complicando gli sforzi delle banche centrali per controllare l’aumento dei prezzi al consumo", dice Diodovich.

Hakan Kaya, gestore del fondo Neuberger Berman Commodities mette in guardia sulla concomitante escalation Iran-Israele e le sanzioni sui metalli russi che segnala un'evoluzione più ampia verso un regime dominato dal rischio geopolitico, che mette in discussione i paradigmi di investimento tradizionali. "Questo contesto sottolinea la necessità cruciale di una diversificazione dal punto di vista geopolitico sulle materie prime sensibili. Investire in materie prime come petrolio, alluminio, nichel, rame e oro diventa essenziale, non solo come strategia di copertura contro le pressioni inflazionistiche, ma anche come salvaguardia vitale contro le fragilità dell'offerta che potrebbero minare gli asset tradizionali come le azioni e le obbligazioni", sottolinea l'esperto.

Alla luce di questi sviluppi, la posizione d'investimento di Neuberger Berman è decisamente sovrappesata su queste materie prime sensibili dal punto di vista geopolitico. "Riconoscendo l'emergente panorama di rischi geopolitici accentuati, sosteniamo la necessità di una ricalibrazione strategica verso le materie prime come strumento per navigare e mitigare i potenziali impatti sui mercati globali e sui portafogli di investimento", dice.

L'impatto sulle obbligazioni

Non solo materie prime però. Anche altre asset class sembrano essere piuttosto sensibili ai movimenti tellurici della geopolitica. L'impatto sulle obbligazioni, secondo Chaigneau, dipende dal fatto che lo shock sull'inflazione stia frenando la crescita e la spinta verso la qualità. "Si noti una forte correlazione (positiva) negli ultimi 6 mesi tra i prezzi del petrolio e il tasso di inflazione implicito di fine 2020. Tuttavia, il beta dei rendimenti dei Treasury a 10 anni rispetto ai tagli impliciti del 2024 è diminuito di recente. I breakeven dell'inflazione (soprattutto a 1-2 anni) sono già aumentati e la fiducia in una ripresa ciclica globale è cresciuta", dice l'esperto. Di conseguenza, a detta del professionista di Generali Investments, molte notizie ribassiste sulle obbligazioni sono nei prezzi, avendo punito un trade consensuale chiave del 2024. "Ora vediamo i rendimenti dei Treasury a 10 anni (4,55%) avvicinarsi a livelli di resistenza chiave che potrebbero offrire un'opportunità di acquisto", spiega.