La distinzione tra growth e value “è attualmente interscambiabile”, sottolinea Antonio Amendola, senior Fund Manager azionario e gestore, AcomeA SGR. “Certo, rimane un punto di partenza imprescindibile, però è importante valutare singolarmente ogni azienda”, conferma Amendola. Una stessa società “può avere infatti fasi in cui deve essere considerata growth e altre value. Scegliere di investire aprioristicamente in una strategia, con il tempo, rischia di svilire l’investimento e il potenziale ritorno del titolo. Per le small e micro cap, oltre all’analisi del bilancio, occorre analizzare diversi parametri, tra cui la relazione con l'imprenditore, la conoscenza dell'azienda dall'interno ecc: il valore aggiunto che l'investitore, con la propria strategia bottom-up, può e deve dare”, aggiunge l’esperto secondo cui “si tratta di aziende poco liquide, poco coperte, anche dagli analisti stessi, quindi non ci sono dati. Sono spesso acerbe, inoltre, a livello di comunicazione finanziaria, quindi c'è quasi un rapporto di advisory che l'investitore deve avere rispetto alla società stessa per aiutarle a sbloccare il proprio valore e per attirare altri investitori. Questo segmento di mercato oggi presenta potenzialità growth, quindi crescite a doppia cifra, con multipli value che forniscono un margine di sicurezza sull'investimento”.
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