Bce, il più ampio rialzo dei tassi nella sua storia: le prime analisi dei gestori

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Christine Lagarde. Foto concessa (Sanziana Perju/ECB)

Previsto certo, ma non per questo meno d'impatto. La Banca centrale europea ha aumentato i tassi di 75 punti base nella riunione di settembre. Il più ampio rialzo dei tassi della sua storia. Anche il tasso di deposito è stato alzato allo 0,75 per cento, un livello che non si vedeva dalla crisi dell'euro del 2012.

Una mossa, secondo Anna Stupnytska, global macro economist di Fidelity International, importante per la credibilità dell'Istituto di Francoforte. Soprattutto alla luce delle crescenti pressioni al ribasso sull'euro e al rialzo sui rendimenti obbligazionari degli ultimi giorni. "Il fatto che molte di queste decisioni non fossero chiare fino al giorno del rialzo dei tassi è un segno della rapidità con cui la Bce ha dovuto modificare il proprio approccio. Si sta muovendo velocemente e non ha ancora finito il lavoro", afferma Andrew Mulliner, head of Global Aggregate Strategies di Janus Henderson.

Morgane Delledonne, head of Investment Strategy Europa di Global X, ritiene interessanti i movimenti della curva dei rendimenti dei titoli di Stato tedeschi. "Non solo il front-end è salito di 13 punti base con il rialzo dei tassi, ma anche il long-end ha fatto lo stesso, suggerendo che le aspettative dei mercati sull'inflazione e sulla crescita a lungo termine si sono fatte più rosee" spiega l'esperta. Non solo, "a seguito del meeting, la Bce ha inviato segnali contrastanti, ma in generale sembra sia stata la posizione dei falchi a prevalere. Probabilmente, il punto più importante che è emerso è stato quello più volte sottolineato dalla presidente Lagarde, secondo il quale l'inflazione prevista alla fine del periodo di proiezione del 2024 non dovrebbe essere all'obiettivo del 2 per cento ma piuttosto del 2,3, il che potrebbe potenzialmente giustificare più aumenti dei tassi, anche di ampia portata".

Banca centrale più ottimista

Nel corso della riunione di settembre hanno anche aggiornato le proiezioni economiche, lanciando diversi messaggi interessanti. Le previsioni aggiornate hanno evidenziato significative revisioni al ribasso della crescita e un'ampia revisione al rialzo dell'inflazione nell'orizzonte di previsione. Da una parte la Bce non prevede una recessione in Europa quest'anno e dall'altra non crede nemmeno che l'inflazione scenderà al suo obiettivo nel 2024, quando si attesterà al 2,3 per cento. Per Silvia Dall'Angelo, economista senior di Federated Hermes, si tratta di previsioni troppo ottimistiche. Soprattutto considerando la forte escalation della crisi energetica europea in seguito alla recente interruzione delle forniture di gas dalla Russia.

Il grande problema dell'inflazione

La comunicazione della Lagarde però placa solo temporaneamente la principale preoccupazione dei mercati. Alcune cose, infatti, sono fuori dalla portata di un banchiere centrale. "I prezzi in crescita sia dell’energia che delle altre materie prime si stanno facendo strada nell’inflazione core poiché i prezzi più elevati degli input costringono le aziende a passare i rincari, almeno in parte, ai loro clienti". L'inflazione spinta dai costi, in gran parte causata dagli shock sul lato dell’offerta, è molto dura da combattere con gli strumenti di politica monetaria, osserva Wolfgang Bauer, gestore del team di reddito fisso di M&G Investments. "Per dirla tutta, nemmeno il più ambizioso dei rialzi dei tassi da parte della Bce riaprirà Nord Stream 1. Verosimilmente, un tetto ai prezzi dell’energia, come quello ora allo studio nel Regno Unito, sarebbe lo strumento di politica più efficace in queste circostanze davvero singolari" spiega l'esperto.

Insomma, entrano in gioco fattori esterni che la Bce non può controllare. Come ad esempio la valuta. "La Bce si sta concentrando sull'euro come fonte di inflazione importata, mentre prima si concentrava implicitamente sulla svalutazione competitiva", sottolinea Sebastien Galy, responsabile della strategia macroeconomica di Nordea AM. La sfida che Francoforte deve affrontare ora è quella di sostenere l'euro. Tuttavia, Galy avverte che si tratta di una cosa molto difficile da fare. "I differenziali di tasso sono troppo stretti per convincere un mercato che ama le grandi operazioni in dollari", spiega.

L'inizio della fine?

Proprio per questo motivo, alcuni gestori iniziano a vedere una pausa nel ciclo di inasprimento monetario prima del tempo. "Per il momento i falchi della Bce hanno il coltello dalla parte del manico, poiché la priorità è affrontare l'alta inflazione, ma crediamo che la finestra per ulteriori rialzi si stia chiudendo rapidamente, dato che l'interruzioni delle forniture di gas si fa sentire", afferma Stupnytska. L'esperta resta convinta che l'istituto abbandonerà il suo ciclo di rialzi entro la fine dell'anno.

Dall'Angelo è d'accordo: "Nel complesso, sembra che la banca centrale stia sfruttando una ristretta finestra di opportunità per alzare i tassi in modo aggressivo al fine di arginare i cosiddetti effetti di secondo round e i rischi di radicamento dell'inflazione stessa. Quando le indicazioni sui danni all'economia diventeranno più evidenti verso la fine dell'anno, la Bce probabilmente sospenderà il processo di inasprimento".

Per lo meno i gestori di fondi propendono per un percorso di rialzo più tranquillo d'ora in poi. Continueranno ad agire, sostiene Charles Diebel, responsabile del reddito fisso di Mediolanum International Funds, ma d'altra parte non perde di vista il fatto che la Bce sta già vedendo dei segni di debolezza dell'economia. "Vale la pena notare come Lagarde abbia sottolineato come alcuni dei rischi al ribasso per le sue prospettive macro siano già stati visti e quindi la crescita sarà più debole nel 2023. Ha inoltre commentato che i mercati obbligazionari hanno fatto un lavoro ragionevolmente buono nello scontare il punto in cui pensavano che si sarebbero mossi e, a sua volta, ciò suggerisce che questo front-loading non diventerà la norma", osserva.