L’intervista doppia che ha visto confrontarsi Renato Miraglia di UniCredit e Gianluca La Calce di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking, in occasione dell'evento organizzato da FundsPeople a Milano.
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La sostenibilità è entrata di diritto nelle scelte degli investitori permeando i portafogli dei clienti. E, in questo senso, quelli dei clienti private non hanno fatto eccezione.
Da una parte grazie alla spinta della normativa che ha subìto implementazioni e modifiche nell’arco degli ultimi anni. Dall’altra anche grazie alla consapevolezza dei clienti e al lavoro significativo fatto dai consulenti in fatto di educazione finanziaria e culturale.
Queste tematiche sono state al centro dell’intervista doppia che ha visto confrontarsi Renato Miraglia, responsabile wealth management e brivate Banking Italy di UniCredit, e Gianluca La Calce, responsabile marketing & sviluppo offerta di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking, in occasione di FundsPeople International ESG, l'evento organizzato da FundsPeople a Milano lo scorso 24 gennaio. Sulla base di quanto emerso nell'inchiesta realizzata da FundsPeople tra consulenti finanziari e private banker operanti in Italia, i due professionisti hanno messo in evidenza il rapporto che intercorre tra consulenti finanziari e sostenibilità ma anche la percezione del cliente e le evoluzioni delle loro richieste e bisogni.
“È un dato di fatto che l'attenzione verso la sostenibilità negli investimenti è cresciuta enormemente negli ultimi anni e anche in Italia il tema è senza dubbio entrato tra le evidenze dei nostri professionisti al servizio dei clienti private e nei portafogli di questi ultimi”, esordisce Miraglia.
L’esperto ci tiene a sottolineare come il percorso normativo in questo ambito sia ancora da definire e vada considerata anche la mancanza di un vero standard di mercato. “Il nostro impegno - spiega - è volto ad accompagnare la spinta gentile data dal regolatore. Il contesto e la disciplina, tuttavia, sono ancora in evoluzione. C’è ad esempio un tema importante e ancora fluido legato alla tassonomia – cioè un linguaggio comune ai diversi operatori dell’industria - su cui intervengono anche i comportamenti degli intermediari e del mercato”.
I driver di cambiamento
La Calce si dice d’accordo con Miraglia ribadendo che “è possibile constatare come il cambiamento sia stato più top down che bottom up”. Quindi, come si diceva prima, anzitutto il vero game changer all’inizio è stato lo sviluppo normativo e la presa di consapevolezza da parte delle aziende della necessità del cambiamento. “C’è da dire che, nel nostro caso, il top management ha sposato per profonda convinzione questa necessità che è diventata, da subito, anche un’opportunità di investimento”, dice.
Un altro dato po’ aiutare a comprendere la traiettoria del percorso sostenibile. “Tra il 2022 e il 2023 c’è stata una leggera flessione nell’interesse dichiarato dei clienti per la sostenibilità; certo si tratta di un piccolo movimento a ribasso e quindi tenderei a non dargli troppa importanza”, ammette l’esperto. Questo a indicare come, in un periodo di estrema volatilità e incertezza come quello passato, le performance finanziarie hanno, chiaramente, avuto un ruolo centrale per gli investitori anche talvolta a scapito dell’attenzione per i fattori ESG.
In ogni caso, al netto dello scenario macroeconomico, la sostenibilità rimane centrale e riguarda una trasformazione dell’economia a tutto tondo. Ne sono una dimostrazione i piani dei governi e le agende di istituzioni e associazioni da qui al 2030. Dunque, come noto, non si tratta soltanto di un’opportunità di investimento e diversificazione. Proprio per questo, La Calce fa cenno anche alla sfera culturale. “A oggi non è possibile dire che si sia compiuta in pieno quella trasformazione culturale capace di diffondere a tutti i livelli la consapevolezza in fatto di sostenibilità tanto da evitare di fare dei passi indietro o di non riuscire ad arrivare a un livello adeguato per raggiungere alcuni degli obiettivi che ci si era posti alcuni anni fa”.
Sul tema culturale e formativo Miraglia concorda con La Calce, ribadendo che “c’è anche un percorso culturale da completare per gli investitori, al fine di equilibrare i comprensibili obiettivi di rendimento e l’opportunità di compiere scelte che abbiano un impatto anche in ottica di sostenibilità”.
Dall’osservatorio di UniCredit si nota (specie nella clientela di fascia compresa tra i 35 e i 45 anni) una crescita dell’attenzione sul tema e delle scelte di investimento in tal senso. “A oggi, soprattutto come strumento di diversificazione più che come driver - prosegue Miraglia -. Nel complesso crediamo che il peso di questa componente aumenterà. Noi facciamo come sempre la nostra parte, grazie a una attenta selezione di soluzioni con forte componente di sostenibilità che ci permette di lavorare, anche su questo fronte, per compiere la nostra mission: preservare e fare evolvere la ricchezza dei nostri clienti”.
La Calce ci tiene poi a ribadire che quando ci si approccia alla sostenibilità non è possibile ridurre la discussione solo al portafoglio modello ma è bene trattare il tema della consulenza finanziaria nella sua accezione più ampia. “Sul tema ESG abbiamo, sin dall’inizio, sposato un'idea molto forte guardando al nostro ruolo sia verso il cliente che verso la rete ma anche nei confronti degli stessi fornitori, ponendoci con un approccio proattivo”. Inoltre, il professionista ribadisce l’importanza della tutale del risparmio sopra ogni altra cosa. “Chiaramente essendo la nostra un'azienda integrata verticalmente con capacità interne di gestione patrimoniale e consulenza abbiamo combinato, laddove possibile e compatibile con gli obiettivi finanziari, la sostenibilità”, dice.
In conclusione, secondo La Calce, l’obiettivo è quello di“riuscire a fare un lavoro più profondo in termini di analisi dei bisogni e delle preferenze del cliente-investitore rispetto alla costruzione del portafoglio, tenendo presente da una parte la natura finanziaria stessa dell’investimento e dell’altra la dimensione valoriale in termini di sostenibilità”. Alla base, a detta di entrambi i professionisti, rimane il rapporto fiduciario tra consulente e investitore.