Silver economy, dagli over 65 italiani nuove opportunità di investimento e fruizione di servizi

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La silver economy non è più soltanto una prospettiva, concreta, per il modello economico italiano (e internazionale). È un fenomeno già avviato, e che evolve in velocità. Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali definisce quella in atto come una “transizione razionale” indicando che, oltre alle criticità fino a oggi osservate da analisti e studiosi del fenomeno, tale evoluzione offre anche opportunità tali da spingere alcuni osservatori a parlare di un nuovo “petrolio”. Un petrolio silver, insomma.

Nella definizione “estesa” fornita dalla Commissione europea, la silver economy è da intendere come il complesso di attività economiche rivolte specificatamente alla popolazione con 50 anni o più, che cessano parzialmente o totalmente l’attività lavorativa passando da uno stile di vita attivo a uno “differentemente attivo”. Tuttavia Itinerari Previdenziali restringe il campo demografico agli “over 65” (ossia l’età in cui la maggior parte dei Paesi OCSE ha fissato la soglia anagrafica del pensionamento). Da qui le differenze di incidenza della popolazione sul PIL del Paese che, nel caso degli over 50 italiani, è quantificabile in almeno 583 miliardi (circa un terzo del PIL) mentre relativamente ai soli over 65 tale impatto ha un valore stimabile tra i 297 e i 350 miliardi di euro, tra il 16,6 e il 19,7% del PIL 2021.

Questi numeri sono la base per discutere delle prospettive aperte dalla transizione demografica, come avvenuto nel corso dell’evento annuale organizzato lo scorso 27 giugno a Roma da Itinerari Previdenziali, dedicato alla presentazione del Quaderno di Approfondimento sulla Silver Economy. Base scientifica del quaderno sono gli esiti della survey “Chi sono, cosa fanno e cosa desiderano i Silver italiani”, somministrata a un campione di 5 mila over 50 e realizzata da Format Research per Itinerari Previdenziali e 50&Più, sistema associativo dedicato al mondo della terza età.

I numeri

Nel dettaglio dei numeri del solo caso italiano, su una platea di 27,65 milioni di over 50, al 2022 gli over 65 sono circa 14 milioni (di cui oltre la metà donne) e rappresentano poco meno del 24% della popolazione: una percentuale destinata a salire, secondo le proiezioni Istat, al 30% nel 2035 e fino al 35% nel 2050. Il nostro Paese si colloca come il più longevo in Europa (e tra i primi al mondo), ma non primo in classifica per quanto riguarda l’aspettativa di vita in buona salute: nel 2020 la speranza di vita raggiunti i 65 anni era di altri 18,3 anni per gli uomini e 21,7 per le donne. Numeri che si riducono rispettivamente a 10,3 e 10,6 se si considera anche l’invecchiamento in buona salute.

Al contempo la componente demografica della categoria silver è anche quella che detiene la maggior parte della ricchezza, intesa come patrimonio sia mobiliare sia immobiliare. Ampliando lo sguardo, a partire dai dati MEF e Banca d’Italia, Itinerari stima il patrimonio medio dei soli over 65 in 297mila euro che, moltiplicati per oltre 14 milioni di soggetti, portano il totale della loro ricchezza a più di 4mila miliardi, suddivisi tra 1.540 miliardi rappresentati dal patrimonio mobiliare e 2.600 miliardi da quello immobiliare. Stimabile invece in circa 303mila euro il patrimonio medio (mobiliare e immobiliare) delle persone tra i 55 e i 64 anni di età.

Come investire questi risparmi

Un altro elemento all’attenzione è, appunto “lo spendibile” dei silver, stimato dal centro studi in un valore netto annuo pari a 288,7 miliardi. Una patrimonializzazione importante, afferma Brambilla, “che vale quasi il 2,5% del PIL e che, nei prossimi 20/25 anni, verrà in parte destinata ad ampliare i volumi dei consumi dei silver e in altra parte trasferita a figli o parenti oggi over 40, incrementando ulteriormente il valore complessivo dell’economia d’argento italiana”.

Questo significa che la platea si trova oggi, nella maggior parte dei casi “in una fase di decumulo” e che i silver sono più propensi ad acquistare o usufruire di beni e servizi riguardanti non solo la cura della persona e della salute (assistenza, farmaci e altre spese sanitarie) e rientranti quindi nell’alveo della cosiddetta white economy, ma anche l’ambito ricreativo (intrattenimento, spese per viaggi, turismo, tempo libero). D’altronde, il problema che si pone oggi rispetto a questa economia è legato in gran parte alla spesa sanitaria, come ricorda nel suo intervento Gian Carlo Blangiardo, già presidente Istat, professore emerito Università degli Studi di Milano Bicocca, e componente comitato tecnico scientifico Itinerari Previdenziali, che sottolinea quello sanitario come un problema attuale e sarà sempre più evidente “in prospettiva”. A questo proposito Blangiardo cita le previsioni Istat secondo cui gli ultraottantenni saranno 2,2 milioni nel 2070, per cui “ci attende una società in cui la componente anziana avrà un ruolo via via sempre più importante”.

Un corpo sociale che invecchia

Da qui la necessità di “attrezzarsi” in quanto, come ricordato da Brambilla “la società invecchia, ma il corpo sociale non si sta preparando a questo invecchiamento”. Ne è convinto anche Carlo Pareschi direttore area business UniSalute che ricorda come questa criticità emerga anche nella crescita della spesa sanitaria privata negli ultimi anni, tanto che, “già nei primi mesi del 2023 in UniSalute abbiamo visto crescere il numero di prestazioni erogate rispetto all’anno precedente nello stesso periodo del 30%, dato che si confronta con un 7-8% in più di assicurati”. Che cosa occorre fare? “Evitare il rischio che si ricorra a forme elitarie di accesso alle prestazioni sanitarie”. E qui Giuliana Coccia, referente Gruppo di Lavoro 1-10 ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) insiste sulla necessità di uno “sviluppo sostenibile” del settore, richiamando come ben nove dei 17 Goal delle Nazioni unite al 2030 siano “collegati direttamente con un invecchiamento sano”.

1^ tavola rotonda

L’aspettativa di vita superiore, dunque, non coincide necessariamente con un’aspettativa di invecchiamento in buona salute, e di questo si è discusso nella prima tavola rotonda dell'evento. “Gli over 65 oggi sono circa il 2% degli iscritti”, afferma Anna Gaeta direttrice generale QuAS indicando come, da una proiezione fatta dalla cassa sanitaria, nel 2045 questo peso sarà del 15 per cento. Tuttavia l’importante non è solo il peso, ma la propensione al consumo sanitario degli over 65 che avrà "un impatto più importante di quello attuale”. Come rispondere a questo fenomeno in prospettiva? Giuseppe Marabotto direttore Fasdac indica una risposta nella “mutualità e solidarietà tra le generazioni”, tema richiamato anche da Francesco Matteoli, direttore generale Casagit Salute. Mentre Tiziana Riggio direttrice generale Fondo Telemaco nel sintetizzare in quale misura la silver economy si intreccia con un fondo pensione, indica come “fondi pensione e fondi sanitari possono rappresentate un collante tra mercati ed economia reale, anche nella silver economy (ad esempio con l’investimento in RSA)”. Un dettaglio emerge poi dall’intervento di Michele Proietti direttore generale Cassa Forense che indica come si sia assistito in 20 anni a un aumento dell’età media degli iscritti alla Cassa, “circa il 30% (il 29,7) degli iscritti oggi ha più di 55 anni. Ma questi garantiscono un flusso di entrate di oltre il 70% dei nostri contributi, questo dato è confermato dall’evoluzione dei livelli medi di copertura, con il volume di affari più elevato che riguarda la fascia di età tra i 60 e i 64 anni”. Questo perché silver economy non significa necessariamente diminuzione di reddito, “spesso nel campo dei liberi professionisti, dove c’è il grosso vantaggio di non avere lo stacco netto tra attività lavorativa e pensionamento l’addio al mondo del lavoro attivo è graduale”, afferma Proietti. Quindi come entra la silver economy nelle scelte di asset allocation delle Casse? Una risposta arriva da Carlo Nappi, chief financial officer Enpaf, che parte da un assunto “il trend dell’invecchiamento, oggi, non può essere arrestato. È una tendenza di lungo termine, decorrelata rispetto all’andamento del PIL, e dal punto di vista di investitori abbiamo intenzione di andare a discutere nel corso dell’anno per individuare strumenti finanziari per attingere alla silver economy intesa come un bacino di persone con tendenze di investimento stabili”.

2^ tavola rotonda

La silver economy non soltanto esiste, ma c’è già un’industria e un mondo che ruotano intorno a questi temi. Da qui le riflessioni di un'altra roundtable della giornata. “Lo sforzo maggiore da fare - afferma Fabio Menicacci presidente Welfare Insieme - è capire come sta cambiando il mercato e come stanno cambiando le esigenze delle persone”, e questo non ragionando sugli over 65 soltanto in termini di fruitori di servizi: “Dobbiamo pensare a un altro aspetto poco curato di una trasmissione di impresa e di esperienza che si faccia in maniera indolore”. Alberto Oliveti presidente Fondazione Enpam ricorda come intorno alla silver economy giri non solo l’industria della salute, ma anche i servizi che vanno dalla ricreatività al turismo, la già citata white economy, che si rivela “un driver importante non soltanto per l’industria dei servizi ma anche per il comparto manifatturiero”. Visione condivisa da Riccardo Realfonzo, presidente Fondo Pensione Cometa che indica, sotto questa prospettiva, come “assicurare la parte trainante del nostro Paese (operai e lavoratori dell’industria) sia il primo obiettivo” del fondo. Il tema del “pensionamento attivo” torna poi nella riflessione di Tiziana Stallone, presidente Enpab: “Cassa biologi ha il 50% dei pensionati che continuano a lavorare, quindi come cassa di previdenza dobbiamo preoccuparci di due aspetti: la sostenibilità del sistema e il benessere di quanti sono ancora nel sistema”. A questo si associa la necessità di “rafforzare il patto generazionale, perché la solidità dei silver può aiutare i giovani (oggi più fragili) a crescere”. Come mantenere dunque questo patto tra pensionati e nuovi lavoratori? Giuseppe Straniero presidente Previndai individua una leva nella comunicazione (sia all’esterno, sia interna allo stesso fondo). In conclusione, Annamaria Trovò, responsabile Fondi sanitari integrativi Cisl, CdA SanArti invita a trovare una visione “di scenario”, che tenga insieme la complessità di fattori che compongono il fenomeno, con politiche di welfare “che non siano a sé stanti ma connesse ad altri i fattori, quali il lavoro, la cultura, l’informazione e l’accompagnamento delle trasformazioni”. Il tutto senza trascurare un ultimo dettaglio, ossia “il problema del lavoro femminile, che non decolla, così come restano al palo i servizi per la famiglia”.