Gender gap e finanza, quali fondi registrati per la vendita in Italia puntano sull’empowerment femminile

Vagliare la presenza femminile nel mondo del lavoro e, a un livello di analisi ancora più approfondito, nei CdA delle società aiuta a comprendere ritardi e inefficienze dei sistemi economici. Non stupisce che questo tema sia al centro degli studi di Claudia Goldin, economista docente dell’Università di Harvard, che ha vinto il premio Nobel per le scienze economiche 2023 per “aver contribuito a migliorare la nostra comprensione della partecipazione delle donne al mercato del lavoro”. Goldin indaga il tema da una prospettiva storica (oltre che economista, è anche una storica) e nei suoi studi analizza retribuzioni e partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

La premio Nobel individua un andamento del settore che descrive una curva a U (con il punto più basso toccato nel primo decennio del secolo scorso) e la successiva risalita dovuta a tre fattori identificati con le scelte di istruzione, l’impatto della pillola contraccettiva sulla carriera e sulle decisioni matrimoniali, e l’adozione del cognome delle donne dopo il matrimonio come indicatore di status sociale. In questo modo Goldin confuta la teoria che indicava l’aumento della presenza femminile sul mercato del lavoro dovuta alla sola crescita economica. Lo inputa, invece, a profonde trasformazioni sociali, trasformazioni che si infrangono contro uno scoglio ancora presente: un livello di istruzione ancora meno elevato rispetto a quello dei colleghi di sesso maschile, e la difficoltà nel progredire con la carriera, lo status lavorativo e, di conseguenza, la retribuzione, dovuta alla necessità di interrompere il lavoro per lunghi periodi in seguito alla nascita di un figlio. La “rivoluzione silenziosa” citata da Goldin, è una rivoluzione del sistema economico che si è scontrato per secoli, come detto, con le inefficienze di un pensiero che penalizzava la metà delle risorse lavorative, con le conseguenti “eccellenze” presenti al proprio interno. Da qui il tema dell’empowerment femminile si affianca anche a una migliore allocazione non soltanto economica ma anche finanziaria.

I fondi “gender equity” registrati in Italia

Alla luce di queste considerazioni, FundsPeople ha deciso di individuare quali fondi registrati per la vendita in Italia hanno uno specifico obiettivo sull’empowerment femminile. Tuttavia, data la scarsità di dati sulla diversità di genere o sulla presenza di donne nei CdA delle società, la metodologia utilizzata per produrre l'elenco dei fondi è stata la ricerca per nome del prodotto. Si è scelto di individuare prodotti di investimento che contengono “esplicitamente” indicazioni quali "genere", "diversità", "donna" o "donne" nel nome. Emerge un elenco ridotto di prodotti registrati per la vendita in Europa, soltanto 14, di questi otto sono commercializzati in Italia e uno di questi è registrato nel nostro Paese: Anima Investimento Gender Equality 2026, fondo flessibile a scadenza. Il fondo, ex art. 8 SFDR (sottoscrivibile fino al 30 agosto 2021), si legge in una nota, costruisce in modo graduale un’esposizione verso indici azionari al fine di partecipare allo sviluppo di società che valorizzano la parità di genere nel rispetto dell’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 dell’ONU.

NomeSocietàCategoriaFund Size (mensile) euro
Diversity and Inclusion FAM FundFineco Asset Management DACEquity54.985.720
Mirova Women Leaders Equity FundNatixisEquity218.264.358
RobecoSAM Global Gender Equality EquitiesRobecoEquity82.201.364
Nordea 1 Global Diversity Engagement FundNordeaEquity307.344.755
AB SICAV I Diversity Champions Equity PortfolioAllianceBernsteinEquity44.223.391
Anima Investimento Gender Equality 2026Anima SGRAllocation316.119.803
DWS Invest ESG Women for WomenDWSEquity50.853.156
Morgan Stanley Investment Funds Calvert Sustainable Diversity, Equity and Inclusion FundMorgan StanleyEquity4.754.796
Fonte: Morningstar Direct. Elaborazione propria. Ultimi dati disponibili con dimensione del fondo a fine settembre 2023.

Vagliare la presenza femminile nel mondo del lavoro e, a un livello di analisi ancora più approfondito, nei CdA delle società aiuta a comprendere ritardi e inefficienze dei sistemi economici. Non stupisce che questo tema sia al centro degli studi di Claudia Goldin, economista docente dell’Università di Harvard, che ha vinto il premio Nobel per le scienze economiche 2023 per “aver contribuito a migliorare la nostra comprensione della partecipazione delle donne al mercato del lavoro”. Goldin indaga il tema da una prospettiva storica (oltre che economista, è anche una storica) e nei suoi studi analizza retribuzioni e partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

La premio Nobel individua un andamento del settore che descrive una curva a U (con il punto più basso toccato nel primo decennio del secolo scorso) e la successiva risalita dovuta a tre fattori identificati con le scelte di istruzione, l’impatto della pillola contraccettiva sulla carriera e sulle decisioni matrimoniali, e l’adozione del cognome delle donne dopo il matrimonio come indicatore di status sociale. In questo modo Goldin confuta la teoria che indicava l’aumento della presenza femminile sul mercato del lavoro dovuta alla sola crescita economica. Lo inputa, invece, a profonde trasformazioni sociali, trasformazioni che si infrangono contro uno scoglio ancora presente: un livello di istruzione ancora meno elevato rispetto a quello dei colleghi di sesso maschile, e la difficoltà nel progredire con la carriera, lo status lavorativo e, di conseguenza, la retribuzione, dovuta alla necessità di interrompere il lavoro per lunghi periodi in seguito alla nascita di un figlio. La “rivoluzione silenziosa” citata da Goldin, è una rivoluzione del sistema economico che si è scontrato per secoli, come detto, con le inefficienze di un pensiero che penalizzava la metà delle risorse lavorative, con le conseguenti “eccellenze” presenti al proprio interno. Da qui il tema dell’empowerment femminile si affianca anche a una migliore allocazione non soltanto economica ma anche finanziaria.

I fondi “gender equity” registrati in Italia

Alla luce di queste considerazioni, FundsPeople ha deciso di individuare quali fondi registrati per la vendita in Italia hanno uno specifico obiettivo sull’empowerment femminile. Tuttavia, data la scarsità di dati sulla diversità di genere o sulla presenza di donne nei CdA delle società, la metodologia utilizzata per produrre l'elenco dei fondi è stata la ricerca per nome del prodotto. Si è scelto di individuare prodotti di investimento che contengono “esplicitamente” indicazioni quali "genere", "diversità", "donna" o "donne" nel nome. Emerge un elenco ridotto di prodotti registrati per la vendita in Europa, soltanto 14, di questi otto sono commercializzati in Italia e uno di questi è registrato nel nostro Paese: Anima Investimento Gender Equality 2026, fondo flessibile a scadenza. Il fondo, ex art. 8 SFDR (sottoscrivibile fino al 30 agosto 2021), si legge in una nota, costruisce in modo graduale un’esposizione verso indici azionari al fine di partecipare allo sviluppo di società che valorizzano la parità di genere nel rispetto dell’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 dell’ONU.

NomeSocietàCategoriaFund Size (mensile) euro
Diversity and Inclusion FAM FundFineco Asset Management DACEquity54.985.720
Mirova Women Leaders Equity FundNatixisEquity218.264.358
RobecoSAM Global Gender Equality EquitiesRobecoEquity82.201.364
Nordea 1 Global Diversity Engagement FundNordeaEquity307.344.755
AB SICAV I Diversity Champions Equity PortfolioAllianceBernsteinEquity44.223.391
Anima Investimento Gender Equality 2026Anima SGRAllocation316.119.803
DWS Invest ESG Women for WomenDWSEquity50.853.156
Morgan Stanley Investment Funds Calvert Sustainable Diversity, Equity and Inclusion FundMorgan StanleyEquity4.754.796
Fonte: Morningstar Direct. Elaborazione propria. Ultimi dati disponibili con dimensione del fondo a fine settembre 2023.

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